La dichiarazione rilasciata ieri ad Abidjan da Kadré Ouédraogo, presidente della Commissione della Comunità economica e di sviluppo dell’Africa occidentale (Cedeao), secondo cui entro il 2020 il franco Cfa sarà sostituito da una nuova moneta unica regionale, è solo l’ultima di una lunga serie riguardo l’introduzione di una valuta comune per la zona monetaria dell’Africa occidentale. Da dieci anni, infatti, si parla dell’entrata in vigore dell’Eco nella Wamz (West African Monetary Zone).
L’introduzione della nuova valuta servirebbe ad aumentare la stabilità finanziaria della zona in questione, di cui fanno parte sei nazioni: Gambia, Ghana, Guinea Conacry, Nigeria, Sierra Leone e Liberia.
Secondo quanto spiegato dal presidente Ouédraogo, il processo prevede che nel 2015 i paesi non membri della Cedeao ma che hanno come moneta il franco Cfa convergano in un unico blocco, che cinque anni dopo disporrà di una sola valuta.
In proposito, va però ricordato che l’adozione di un unico regime valutario negli Stati dell’Africa occidentale era stata originariamente fissata per il 2003. Tuttavia, questa data è stata rinviata per tre volte a causa della forte differenza dei progressi compiuti dagli Stati membri per il raggiungimento dei parametri di convergenza macroeconomica stabiliti.
Solo cinque mesi fa, in occasione della 34a riunione del Comitato tecnico della Wamz, tenutasi a d Abuja, era emerso che nessuno dei sei paesi membri aveva soddisfatto i criteri richiesti per il 2012.
Proprio in apertura dei lavori della riunione, il ministro di Stato per le Finanze, Yerima Lawan Ngama, aveva spiegato che i paesi membri avrebbero dovuto raddoppiare i loro sforzi per consolidare la performance fiscale attraverso una maggiore redistribuzione del reddito interno e la razionalizzazione della spesa pubblica.
Il ministro nigeriano aveva poi assicurato che il governo federale avrebbe continuato a dare il suo pieno sostegno politico al fine di garantire il successo dei programmi della Wamz, ma che non vi era urgenza di ulteriori sforzi collettivi per la realizzazione della nuova scadenza, fissata per il 2015, atta a dare vita all’unione monetaria.
Da tali premesse, risulta ancora poco chiaro stabilire quanto sia effettivamente vicino il traguardo dell’introduzione di una valuta comune in Africa occidentale in sostituzione del franco Cfa, che oltre a garantire una maggiore stabilità finanziaria, eliminerebbe i costi di cambio, favorirebbe l’incremento degli investimenti diretti esteri, creando anche le condizioni per una più stretta coordinazione tra gli Stati membri in materia di politica fiscale, economica e monetaria.
Nei termini della questione è anche interessante notare che dopo quaranta anni di vita, il franco Cfa viene ancora considerato uno strumento di cooperazione e una garanzia di stabilità. Sempre più voci, però, vedono nella moneta una pesante eredità post-coloniale, uno strumento di dominazione nelle mani di Parigi nonostante mezzo secolo di indipendenza.
Di fatto il Cfa non è una moneta controllata dagli africani: attualmente gestito dalla Banca centrale degli stati dell’Africa occidentale (Bceao) e dalla Banca degli Stati dell’Africa centrale (Beac), ha una parità fissa con l’euro, mentre la Banque de France e il Tesoro francese ne garantiscono la convertibilità.
In realtà, questo duplice sistema di ancoraggio e di controllo costituisce un serio ostacolo alla definizione di politiche economiche e sociali autonome, non solo da parte dei paesi interessati ma anche per il resto dell’Africa a sud del Sahara, ponendo in questo modo un freno allo sviluppo e all’integrazione regionale.
Dopo tanti rinvii è ormai improrogabile che nell’ambito della Cedeao, i paesi africani completino la propria emancipazione con l’istituzione di una vasta zona monetaria nell’Africa occidentale, con una divisa unica che determini la fine del franco Cfa.