Ebola, questa volta l’epidemia minaccia anche l’Europa

GUINEA-HEALTH-DISEASE-EBOLA-FILESUna delle più gravi epidemie di ebola degli ultimi decenni ha già ucciso più di cento persone in Guinea, dove la febbre emorragica ha cominciato a mietere vittime dall’inizio di febbraio, per poi propagarsi in altri tre paesi sub-sahariani. L’attuale esplosione di focolai in Guinea e Liberia è tra le più difficili mai affrontate e per circoscriverla potrebbe essere necessari ancora 3-4 mesi di tempo.

Come spiega il vice direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in quello che sicuramente rappresenta un annuncio poco rassicurante, perché anche se l’ebola non è il virus più letale che c’è sulla Terra, è uno tra i più temibili essendo associato a un alto tasso di mortalità e non reattivo a cure specifiche o vaccini. Tuttavia, l’Oms ha dichiarato che la situazione è sotto controllo e ha intensificato la sua azione in tutta la Guinea, in particolare nella capitale Conakry, dove il virus è già arrivato da qualche settimana.

Ma le rassicurazioni dell’Agenzia specializzata dell’Onu per la salute, non controllano la paura che si sta diffondendo nell’Africa sub-sahariana, dove fino a oggi la febbre emorragica ha colpito 157 persone provocando il decesso di 121 contagiati (101 in Guinea e 10 in Liberia). Oltre alla Guinea e alla confinante Liberia, il virus si è manifestato anche in Sierra Leone e in Mali.

Il ceppo ora attivo in questi paesi è più “cattivo” di quelli che hanno causato epidemie negli anni scorsi: da un tasso medio di mortalità finora registrato di sette decessi su dieci colpiti, si è passati a nove su dieci. In pratica, un virus al quale è molto difficile sopravvivere e proprio questo è uno degli aspetti che fa naturalmente più paura.

Non esiste, infatti, una cura. L’isolamento e l’attesa di un’auto-guarigione sono le uniche armi disponibili, anche se le possibilità di sopravvivenza aumentano se i pazienti ricevono immediata assistenza contro disidratazione e infezioni secondarie, oltre alla somministrazione di appositi farmaci antipiretici. A incidere però sono anche altri fattori, come ad esempio il livello di inoculazione della malattia, ossia la dose di virus con cui il malato è stato contagiato.

La febbre emorragica si trasmette rapidamente tramite il contatto con il sangue o altri fluidi corporei, come muco, lacrime o la saliva. Anche il contatto con aghi o coltelli usati dall’ammalato e l’assunzione di cibi preparati con carni di animali infetti può trasmettere la malattia. Nei villaggi o nelle zone più remote i contatti frequenti tra gli ammalati e i parenti aiutano la trasmissione del virus.

Di solito questi virus non si trasmettono per via aerobica, ma nelle scimmie è stata dimostrata la trasmissione in goccioline contenenti il virus. È anche molto probabile che il contagio possa avvenire anche attraverso rapporti sessuali. Ebola provoca una serie complessa e rapidissima di sintomi, dalle febbri emorragiche al vomito e alla diarrea, al dolore ai muscoli e agli arti e numerosi problemi al sistema nervoso centrale. Alla fine paziente si spegne per consunzione.

Di solito, la febbre emorragica ha un decorso molto rapido: uccide alcune centinaia di persone e si “spegne” senza avere il tempo di diffondersi oltre i confini della zona colpita. Fino a oggi, l’epidemia più grave è stata quella che  si diffuse nel 2000 in Uganda, con un bilancio di 425 contagiati e 224 decessi.

Il fatto che per la prima volta il virus abbia colpito nell’Africa occidentale, senza limitarsi soltanto ai villaggi ma arrivando anche nelle città, è un ulteriore elemento di preoccupazione. Per questo, l’epidemia partita dalla Guinea sta generando il timore che il virus possa varcare i confini continentali e diffondersi anche in Europa. Non a caso, l’Oms ha lanciato l’allarme, mettendo in allerta i principali aeroporti europei dove fanno scalo gli aerei provenienti dall’Africa.

Così, si è intensificata la sorveglianza nei  confronti dei passeggeri provenienti dalle aree a rischio che atterrano a Parigi, Bruxelles, Madrid, Francoforte e Lisbona. Analogamente, nel continente nero, molte compagnie aeree richiedono il certificato medico prima di avviare l’imbarco dei passeggeri. Il codice rosso arriva dopo gli eventi degli ultimi giorni in cui si è registrato un progressivo avanzamento della malattia dai villaggi africani alle grandi città, mentre di solito rimaneva circoscritto alle aree rurali. Dalle metropoli, dunque, il virus potrebbe più facilmente arrivare in altre parti del mondo.

Il periodo di incubazione, dal momento del contagio all’insorgenza dei primi sintomi, va da due a ventuno giorni. La morte è fulminante e sopraggiunge nello stesso periodo. Il materiale genetico è composto dall’RNA, che va incontro a mutazioni non particolarmente rapide e contiene solo sette geni.

La prima scoperta del virus risale al 1976, nell’allora Zaire, oggi Repubblica democratica del Congo. Da allora, sono stati isolati cinque ceppi diversi, di cui quattro sono risultati letali per l’uomo. Il cosiddetto serbatoio naturale dell’ebola sono molto probabilmente le volpi volanti, grossi chirotteri che mangiano frutta e abitano le foreste tropicali. Molti virologi sono orientati a ritenere che il virus sia presente all’interno di questi animali da moltissimo tempo.

Per arrivare all’uomo, l’ebola potrebbe essere passato dalle volpi volanti alle scimmie, o altri animali della foresta, attraverso il fenomeno del bush-meat, vale a dire il consumo di carne ricavata da animali selvatici come antilopi o scimpanzé. La trasmissione del virus è, infatti, aumentata da quando compagnie occidentali e cinesi sono penetrate nella giungla per il disboscamento e la ricerca di fonti di minerali.

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