Mercati emergenti: i gestori puntano su Etf e fondi africani

aggiornato il 28/01/2015 – I mercati di frontiera sembrano aver assorbito le incertezze, che negli ultimi anni hanno dominato lo scenario della finanza internazionale, meglio di quelli di altre aree del mondo. Lo dimostra l’indice Msci di questo asset di investimento, che lo scorso anno ha guadagnato il 21,6% (in euro). Una performance chiaramente positiva, che a detta degli operatori del settore, va interpretata con una buona dose di cautela, soprattutto rapportandosi con il breve periodo.

Nel complesso, però, i frontier market sembrano costituire una valida alternativa per diversificare il proprio portafoglio, sopratutto tenuto conto del fatto che ben ventitré delle trenta economie a più alto tasso di crescita a livello mondiale appartengono a questo comparto.

Tali opportunità di investimento sembrano essere rivolte soprattutto all’Africa, favorita da previsioni di incremento del Pil intorno al 5,5% almeno fino al 2017 e dal fatto che sei tra i dieci paesi a più veloce tasso di crescita del mondo sono africani, mentre 128 milioni di persone che vivono nel continente sono diventate acquirenti abituali di beni di consumo. Non a caso, dunque, molte tra le principali società di gestione del mondo stanno rivolgendo la loro attenzione al continente nero per sfruttare le potenzialità dei mercati finanziari locali, in gran parte ancora inespresse.

Una realtà alimentata in particolar modo dalle previsioni degli analisti del settore, che ritengono l’Africa in grado di replicare gli stessi livelli di crescita registrati in passato dai mercati asiatici. A questo primario elemento, va aggiunta la volontà dei gestori di offrire ai clienti la possibilità di investire in prodotti finanziari, che fanno riferimento a mercati poco correlati con i principali indici mondiali.

Questo perché la maggior parte dei paesi africani non è particolarmente esposta alla domanda estera, anche se è inevitabile che con il passare del tempo lo sviluppo africano aumenterà inevitabilmente l’integrazione del continente con l’economia globale, incidendo anche sulla connessione della macro-regione con i mercati internazionali. Tuttavia, secondo Nick Price, gestore di portafoglio dei mercati azionari emergenti di Fidelity Worldwide Investment, questo sarà un processo graduale e fino a quando non si sarà compiuto la scarsa correlazione rimarrà un punto di forza di questi mercati, rispetto a quelli molto più sviluppati di altre piazze emergenti.

Un recente studio specifico sull’Africa a sud del Sahara, condotto da Bank of America Merrill Lynch, pone in evidenza le grandi opportunità di quest’ampio ambito territoriale costituito da 850 milioni di persone di quarantotto nazioni. La banca d’investimento newyorkese individua nella Nigeria, Ghana e Kenya, i tre paesi con il più elevato potenziale, ipotizzando nel medio–lungo termine una crescita a due cifre ed evidenziando come l’attenuato impatto della recessione nel continente abbia sensibilmente ampliato il divario in termini di crescita dei paesi sub-sahariani, rispetto a quelli più sviluppati.

Sembra proprio, che nel giro di pochi anni l’Africa a sud del Sahara sia diventata la nuova frontiera dei mercati finanziari, come provano le numerose quotazioni in borsa di nuove aziende e l’emissione di prestiti obbligazionari, che i governi africani, allo stesso modo di quelli occidentali, rimborsano con programmi di restituzione pluriennali in cambio di interessi. Tutti segnali che tracciano un mercato in continua fase di maturazione con un potenziale di crescita elevato.

Ma pur avendo i requisiti per dare corso a strategie di investimento in grado di offrire opportunità di elevato rendimento, l’Africa è penalizzata da alcuni fattori che ancora ostacolano l’investimento diretto nell’area, cominciando dal fatto che in generale i mercati africani rappresentano un contesto ad alto rischio sia dal punto di vista della volatilità sia dei fondamentali.

Per di più, operare su questi mercati significa muoversi in contesti commerciali estremamente difficili dove spesso emergono fattori quali corruzione, gruppi di interesse molto influenti, debole regolamentazione e scarsa corporate governance. Inoltre, ci troviamo in un’area che in larga parte presenta ancora un grave deficit infrastrutturale che ne ostacola lo sviluppo economico. A tutto questo vanno aggiunti ulteriori elementi, come l’insicurezza e l’instabilità politica di molti paesi ancora fortemente esposti a inattesi cambiamenti di governo.

Nel complesso, ci troviamo a operare su mercati particolari che non possiamo sondare con la semplice lettura di alcuni report. Prima di dare corso a decisioni di investimento mirate, in uno scenario tanto complesso, occorre individuare i paesi in grado di offrire un potenziale di rendimento sufficientemente elevato a un livello di rischio accettabile: un compito gravoso che richiede estrema competenza da lasciare a gestori esperti dotati di un’approfondita e capillare conoscenza della regione.

Tuttavia, anche dopo l’individuazione dei mercati più accessibili, i gestori spesso si troveranno a dover supplire alla mancanza di strumenti di investimento appropriati per esprimere uno specifico orientamento. In effetti, i mercati finanziari africani sono di solito scarsamente sviluppati e non funzionano in maniera adeguata, poiché risentono di norme, che in alcuni casi determinano la discriminazione degli investitori stranieri.

Ma il problema principale è costituito dalla liquidità: nel continente ci sono ventinove Borse, dove sono scambiati i valori mobiliari, ma soltanto alcune di esse come Johannesburg, Lagos, Nairobi, Port Louis, Harare, Il Cairo, Casablanca e la Borsa regionale dell’Africa occidentale, con sede ad Abidjan, muovono volumi giornalieri superiori a un milione di dollari. Mentre altri importanti paesi africani come Mozambico, Etiopia, Repubblica democratica del Congo e Angola, non dispongono ancora di una vera e propria piazza finanziaria locale, anche se Luanda entro il 2017 punta a dotarsi di un listino titoli.

Ad ogni modo, per avere accesso alle opportunità offerte dai mercati di questo continete, non mancano gli strumenti a disposizione degli investitori come fondi comuni specializzati, Etf e titoli di stato emessi da alcuni paesi africani.

Secondo le informazioni riportate sulla versione in lingua italiana del portale Morningstar, società leader nella fornitura di ricerche finanziarie indipendenti, sono sette i gestori che con 25 prodotti differenti operano sui fondi azionari esclusivamente dedicati al comparto africano. Tra questi figurano alcune importanti società di gestione come Nordea, JP Morgan, Templeton e Julius Baer.

Morningstar assegna il rating più alto, pari a 4 stelle (su un massimo di 5), a cinque dei sette fondi azionari specializzati sull’Africa di JP Morgan, collocati sul mercato italiano e denominati sia in euro che in dollari, che nel 2014 hanno registrato un rendimento superiore al 10%.

In alcuni casi, i rendimenti diventano ancora più interessanti se rivolgiamo la nostra attenzione agli Etf, una particolare categoria di strumenti di investimento, che si differenzia dai fondi comuni per l’essere quotati in Borsa con le stesse modalità di azioni ed obbligazioni e per la gestione passiva che rende tali strumenti molto economici, con spese di esercizio quasi sempre inferiori al punto percentuale.

Un fattore che comporta una notevole competitività nei confronti dei fondi comuni d’investimento, gravati da commissioni maggiori dovute alla gestione attiva. Inoltre, l’elevata diversificazione, unita alla negoziazione borsistica, li rende concorrenziali anche nei confronti delle singole azioni e quindi meno rischiosi.

Sempre consultando il portale di Morningstar, tra gli Etf specializzati esclusivamente sulle azioni dei mercati africani quotati sull’indice ETF-Plus di Borsa Italiana troviamo tre titoli, tutti denominati in euro, che lo scorso anno hanno registrato rendimenti molto diversi.

In ordine di utili, il primo è il db x-trackers Msci Efm Africa Top 50 (Isin LU0592217524), una soluzione di investimento offerta da Deutsche Bank AG, che riflette la performance delle 50 azioni più capitalizzate di Sud Africa, Egitto, Nigeria e Marocco.

Tra i tre Etf presenti sulla Piazza finanziaria di Milano, che offrono la possibilità di posizionarsi sui mercati azionari africani, è quello che nel 2014 ha conseguito il rendimento più elevato (16,28%) con i costi di gestioni annui inferiori (0,65%).

Un altro interessante Etf della categoria è quello emesso da Lyxor Etf, una società di risparmio gestito controllata al 100% dal gruppo Société Generale, leader in Europa negli Etf e Etc, che nel 2014, con il suo Lyxor Ucits Etf Pan Africa (Isin FR0010636464), ha realizzato una crescita del 10,56%.

Questo Etf è stato lanciato in Italia nel 2008 ed è stato il primo in Europa a consentire di prendere un’esposizione sull’intero continente africano. Ha un costo annuo dello 0,85% e può distribuire e/o capitalizzare i dividendi. Occorre però fare molta attenzione a questo investimento cui Morningstar assegna una sola stella: il rating più basso in assoluto.

L’ultimo Etf esotico è targato Royal Bank of Scotland e quotato attraverso la Sicav Rbs Market Access. Si tratta dell’Rbs Market Access Msci Emerging and Frontier Africa ex South Africa Index Etf (Isin LU0667622384), il cui indice di riferimento riflette l’andamento dei principali mercati azionari africani (Egitto, Kenya, Mauritius, Marocco, Nigeria e Tunisia), escludendo il Sudafrica al quale Rbs ha già dedicato uno specifico Etf.

Da tener presente, che questo Etf, lo scorso anno, ha registrato una performance nettamente inferiore agli altri due, con un incremento pari a un modesto 2,33%. Leggendo gli ottimi risultati ottenuti nel 2014 dai fondi comuni e dagli Etf sovra elencati, sembrerebbe proprio che l’Africa stia diventando il nuovo Eldorado degli investitori.

Ma, come già spiegato, occorre fare molta attenzione prima di operare qualsiasi tipo di acquisto su uno di questi prodotti, tenendo sempre bene a mente il vecchio adagio dei gestori: le performance ottenute nel passato non costituiscono garanzia per rendimenti uguali nel presente e nel futuro.

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