Le agenzie delle entrate africane, riunite in questi giorni a Nairobi per una riunione a livello continentale, hanno rilevato che gli accordi fiscali siglati nel corso degli anni dai paesi africani con i soggetti esteri, a cominciare dalle multinazionali, hanno prodotto risultati sfavorevoli per molte nazioni del continente determinando un’erosione dell’imponibile e una conseguente significativa riduzione di entrate per le casse pubbliche.
Secondo gli esperti, riporta il quotidiano keniano The Star, alla base del fallimento degli accordi ci sarebbe la scarsa competenza degli amministratori. Le intese, aggiunge il quotidiano, avrebbero favorito pratiche di elusione fiscale come il transfer pricing, il sistema con il quale le multinazionali trasferiscono i profitti sui bilanci delle controllate domiciliate nei paradisi fiscali.
“La maggior parte dei trattati fiscali firmati in passato ci hanno messo in una situazione di svantaggio” hanno affermato i delegati impegnati a Nairobi nell’incontro promosso dall’agenzia locale, la Kenya Revenue Authority (Kra), e dall’African Tax Administration Forum (Ataf), in una nota ripresa da The Star. Sul banco degli imputati, notano gli esperti, un eccesso di incentivi fiscali rivelatisi in fin dei conti dannosi. Un problema, quest’ultimo, che secondo una recente denuncia della rete di ong Oxfam International, determinerebbe una perdita annuale per il continente stimata in 242 miliardi di dollari.
Una criticità alla quale occorre quanto prima porre rimedio, come sottolinea il direttore della divisione sviluppo istituzionale dell’Ataf Kennedy Onyonyi, che ripreso ancora da The Star afferma come “nei prossimi quarant’anni l’Africa rappresenterà una destinazione primaria per le attività di esplorazione del settore petrolifero ed estrattivo, per questo è necessario sviluppare capacità e competenze nella formulazione e nella negoziazione degli accordi fiscali per garantire la possibilità di ottenere benefici da questi ultimi”.