Zambia, già iniziata la lotta per la successione a Sata

Foto Guy-Scott

il presidente ad interim dello Zambia Guy Scott

Nelle ultime settimane, lo Zambia è stato al centro dell’attenzione dei media africani per le celebrazioni del suo cinquantesimo anniversario dell’indipendenza e soprattutto per la scomparsa del suo presidente Michael Sata, storico leader del Patriotic Front (PF), il partito al potere molto vicino ai sindacati e noto per la sua politica contro le multinazionali cinesi, che gestiscono gran parte delle miniere di rame del paese. Nell’ex colonia britannica convivono 73 differenti gruppi etnici neri bantu, pari a circa il 97% dei 14 milioni e mezzo dei suoi abitanti, mentre i bianchi sono solo il 2%.

Un dato importante da rilevare perché dopo la scomparsa di Sata, lo Zambia è guidato da Guy Scott, il primo bianco a detenere il potere in uno Stato africano, dopo la presidenza di Frederik De Klerk in Sudafrica, che vent’anni fa sancì la fine dell’apartheid. Scott, subentrato a Sata lo scorso 30 ottobre, resterà in carica in attesa di tenere nuove elezioni nei novanta giorni successivi alla scomparsa del presidente, ma non potrà candidarsi perché i suoi genitori, originari di Glascow, non sono nati in Zambia e la Costituzione impone che solo uno zambiano con entrambi i genitori nati nel paese possa essere nominato presidente.

Come aveva previsto l’Economist , lo Zambia ha accolto favorevolmente la nomina di Scott come presidente ad interim, dimostrando un marcato contrasto con i vicini Sudafrica e Zimbabwe, dove le questioni razziali sono ancora al cento di tensioni politiche e sociali. Basti considerare, che le alte sfere dell’African National Congress siano oggi appannaggio quasi esclusivo dei neri, nonostante l’apparente impegno del movimento politico di non cedere a forme di razzismo.

Martin Plaut, ricercatore presso l’Istituto di Studi del Commonwealth dell’Università di Londra, ha elogiato lo Zambia commentando che il suo esempio dovrebbe essere seguito non solo da Sudafrica e Zimbabwe, ma anche dai tanti paesi africani che ancora demonizzano la figura dei “colonizzatori” bianchi.

Accoglienze favorevoli a parte, pur non potendosi candidare per la presidenza, Scott ha dato subito inizio alla lotta per la successione al presidente Michael Sata, senza neanche aspettare le esequie. Lo ha fatto procedendo alla destituzione dall’incarico di segretario generale del Patriotic Front di Edgar Lungu, attuale ministro della Difesa e della Giustizia. Una decisione cui non ha fatto seguito alcuna spiegazione ufficiale e che potrebbe essere stata motivata dall’intento di bloccare le possibilità di Lungu di diventare candidato del PF alle prossime elezioni.

Come prevedibile, la risposta di Lungu alla rimozione voluta da Scott non si è fatta attendere. Sul sito web del Lusaka Times, ha bollato il provvedimento come “illegale”, in quanto infondato sotto il profilo dello statuto del partito, nonché come un atto altamente provocatorio in pieno periodo di lutto nazionale per la morte di Michael Sata.

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