World Bank: crescita economica africana rallenta nel 2015

L’incisivo calo del prezzo del petrolio e di altre materie prime, il brusco rallentamento dell’economia cinese e l’improvviso peggioramento delle condizioni globali di liquidità influiranno in negativo sulle performance del tasso di crescita dell’Africa sub-sahariana. La Banca mondiale lo prevede nel suo nuovo Africa Pulse, nel quale indica che nel 2015 la macroregione registrerà una crescita del 4%, significativamente al di sotto della media storica del 4,4%.

Un dato ai livelli minimi dagli ultimi due decenni, ma comunque ben al di sopra della media dell’economia globale, stimata dalla Banca mondiale al 2,9% per il 2015. Tuttavia, il calo evidenzia quanto sia ancora vulnerabile l’economia della seconda regione con la più rapida crescita al mondo. E sebbene l’istituto di Washington preveda che nel 2016 la crescita nei paesi sub-sahariani riprenderà per raggiungere il 4,5%, il progresso sarà graduale e non esente da possibilità di ribasso.

Il report di World Bank rileva come sul fronte interno una nuova escalation di conflitti violenti abbia posto seri rischi per la sicurezza, con il risultato di ridimensionare le possibilità di sviluppo. Mentre l’epidemia di ebola che in Liberia, Guinea Conacry e Sierra Leone ha provocato oltre diecimila morti e un impatto recessivo di almeno 1,6 miliardi di dollari, ha evidenziato le debolezze preesistenti nei sistemi sanitari di gran parte del continente e il potenziale di rischi sistemici provocati da malattie trasmissibili.

Ad incidere, inoltre, sensibilmente sullo stallo dell’economia sub-sahariana è il fatto che nel suo complesso la regione è un esportatore netto di petrolio e di altre materie prime. Per questo, le nazioni dell’area fortemente dipendenti dalle esportazioni di petrolio hanno pesantemente risentito di questa fase di bassi prezzi a livello mondiale. E la regione è stata fortemente penalizzata anche dalla fine del cosiddetto “super-ciclo delle commodities”, iniziato nel 2000 e segnato dalla straordinaria domanda di materie prime alimentata dalla rapida espansione cinese.

Il dimezzamento delle quotazioni del greggio ha avuto forti ripercussioni in diversi paesi africani, in primis la Nigeria, dove la preziosa risorsa vale il 90% della valuta straniera e il 70% delle entrate statali. E la Banca centrale nigeriana è stata costretta a intervenire alzando i tassi e svalutando la naira per contrastare i deflussi dei capitali. Ciononostante, gli analisti dell’istituto di Washington prevedono che la crescita nigeriana dovrebbe essere riprendere nel 2016 e proseguire negli anni successivi, guidata da un’economia relativamente diversificata e un settore di servizi capace di funzionare in maniera efficiente.

La frenata dei prezzi del petrolio continuerà a pesare sulle prospettive di crescita delle economie meno diversificate dei paesi esportatori di petrolio, come Guinea Equatoriale e Angola. Lo stesso vale per il Gabon, dove l’oro nero incide per il 60% del Pil. È evidente che in un simile contesto inciderà anche sull’innalzamento del deficit della bilancia commerciale di questi Stati, che dovranno adottare drastiche misure per contenere la spesa alla luce dei minori ricavi attesi.

L’economia del Ghana sarà ancora penalizzata dall’elevata inflazione e dalle politiche di consolidamento fiscale, mentre in  Sudafrica, la crescita continuerà a essere limitata dai problemi nel settore dell’energia elettrica. Tuttavia, la relazione rileva che le economie meglio diversificate dei paesi africani importatori netti di petrolio, possono anche trarre vantaggio da questa situazione, in particolare Costa d’Avorio, Kenya e Senegal. Allo stesso modo, alcuni degli Stati più poveri del continente, come Liberia e Sierra Leone, che spendono il 15% del loro reddito per importare petrolio, sono favoriti dalla caduta del prezzo del greggio.

Senza dimenticare, che solo un quarto dei paesi africani produce petrolio e che molte economie africane stanno dimostrando di essere in grado di reggere il calo delle materie prime, grazie a una nuova impostazione di mercato. È opinione ancora della Banca mondiale, che in futuro i paesi africani per ottimizzare le prospettive di sviluppo dovranno investire con maggiore attenzione e con scrupolosità i proventi derivati dalla ricchezza di risorse.

Francisco Ferreira, capo economista di World Bank per l’Africa, sottolinea la necessità in tutta la regione di riforme strutturali per sostenere la crescita della produttività in tutti i settori e favorire un processo inclusivo per creare nuovi posti di lavoro. Oltre alla diversificazione dell’economia, al fine di ridurre la dipendenza da materie prime e petrolio e migliorare la capacità di rispondere in maniera flessibile al peggioramento delle condizioni economiche del mondo sviluppato. Inoltre, l’economia sub-sahariana potrebbe trarre slancio anche da una forza lavoro più istruita e qualificata a beneficio di tutti i settori.

Ma il limite vero dello sviluppo africano è ancora insito nella persistenza di sacche di povertà estrema e di profonde diseguaglianze; mentre la crescita del Pil che ha interessato molti paesi non si è ancora tradotta in reali miglioramenti della qualità della vita.

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