Tra tanto clamore mediatico e la devastazione del centro di Milano ad opera del blocco nero, ha preso il via l’Esposizione universale 2015. Un evento planetario, che per la prima volta nella sua storia sceglie un tema di carattere sociale: “Nutrire il pianeta. Energie per la vita”. Una manifestazione internazionale all’insegna di uno slogan tanto efficace e altisonante dovrebbe riuscire ad andare ben oltre il carattere previsto.
Dovrebbe riuscire a cogliere le specificità in grado di orientare forze e risorse verso obiettivi di sostenibilità, compatibilità ambientale e di sviluppo sostenibile. Ma scorrendo l’elenco dei principali sponsor è immediato constatare che alcuni di essi non rifulgono certo per responsabilità sociale e ambientale.
L’Expo di Milano potrebbe anche essere un’occasione importante per far emergere le condizioni culturali, sociali, tecnologiche e ambientali necessarie per essere cittadini di un mondo più sostenibile ed equo per tutti, dove dovrebbe essere garantito l’accesso al cibo anche a quel 12% della popolazione mondiale ancora costretta a patire la fame.
Senza dimenticare, che le popolazioni maggiormente colpite da questo fenomeno, sono concentrate nei paesi in via di sviluppo, dove le prospettive future non sono per nulla rassicuranti, soprattutto se si considera che nel 2050 ci saranno 2,2 miliardi di persone in più da sfamare.
Un circolo vizioso, che minaccia il destino di quasi un miliardo di persone, originato da decenni di politiche basate su presupposti assurdi, che hanno consentito a ottantacinque super ricchi di possedere l’equivalente della ricchezza detenuta da metà della popolazione mondiale, equivalente a circa tre miliardi e 570 milioni di persone.
Non stiamo ragionando su numeri dati a caso, ma sul risultato di un lungo lavoro di ricerca curato da Oxfam, la rete internazionale di diciassette Ong che alla vigilia del World Economic Forum di Davos ha diffuso il rapporto “Working for the Few”.
Un articolato studio dove emerge con netta chiarezza l’evoluzione straordinaria, che il fenomeno della crescita della disuguaglianza economica estrema ha registrato nel corso degli ultimi decenni.
C’è un altro fattore, che all’evidenza dell’altisonante slogan dell’Expo è importante sottolineare: l’accresciuta consapevolezza dell’opinione pubblica che potere e privilegi siano concentrati di nelle mani di pochissimi.
Lo dimostrano i sondaggi condotti da Oxfam, in India, Sudafrica, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti, secondo i quali la maggior parte degli intervistati è convinta che le leggi siano scritte e concepite per favorire i più ricchi.
Le rilevazioni evidenziano che in India, dopo l’adozione da parte del governo di politiche fiscali regressive, i miliardari sono aumentati. Negli Stati Uniti il reddito dell’1% delle famiglie ha intercettato il 95% delle risorse a disposizione dopo la crisi finanziaria del 2009, mentre il 90% della popolazione si è impoverito. E nella vecchia Europa, i redditi delle dieci persone più ricche superano l’intero ammontare delle misure di stimolo messe in atto, tra il 2008 e il 2010, da Bruxelles (217mila milioni di euro contro 200mila).
Senza contare, che in Africa le multinazionali, in particolare quelle che operano nell’industria mineraria ed estrattiva, sfruttano la propria influenza per evitare l’imposizione fiscale e le royalty, riducendo in tal modo la disponibilità di risorse che i governi potrebbero utilizzare per combattere la povertà estrema ancora diffusa in molti paesi africani.
Thomas Piketty, autore del best-seller globale “Il Capitale nel XXI secolo”, in cui l’economista francese studia le disparità sociali e le loro dinamiche, sostiene che in una società “dove il capitale rende più del lavoro”, senza un intervento di riequilibrio nelle politiche mondiali da parte degli Stati, il mercato tenderà a concentrare sempre più la ricchezza nelle mani di una piccola minoranza.
Di conseguenza, le distanze tra chi ha di più e chi di meno tenderanno ad aumentare invece di diminuire, mentre vantaggi e privilegi continueranno per generazioni.
E nulla può essere in grado di invertire questa tendenza, perché quello preso in esame è un sistema destinato a perpetuarsi, dove gli individui più ricchi hanno accesso a migliori opportunità educative, sanitarie e lavorative, regole fiscali più vantaggiose, e possono influenzare le decisioni politiche in modo che questi vantaggi siano trasmessi ai loro figli.
Tuttavia, l’eccezionale cornice milanese offre le condizioni ideali per lanciare un messaggio forte e chiaro per un diverso modello di sviluppo, oltre a rappresentare una grande opportunità per condividere a livello globale idee e proposte su un tema strategico per il futuro dell’umanità, come quello della disuguaglianza sociale.
Inoltre, i milioni di visitatori che affluiranno all’Expo 2015, assumono una rilevanza enorme in termini numerici per condividere idee e riflessioni su un modello di globalizzazione che favorisca la diversità, nell’ambito di un sistema economico più responsabile in grado di assicurare un rapporto di maggiore equità tra i paesi sviluppati e quelli dalle economie più fragili. Non ci resta che stare a guardare cosa accadrà nei prossimi sei mesi.
Articolo pubblicato sul quotidiano “Cronache del Garantista” del 6 maggio 2015