In Africa diminuisce la povertà ma aumenta quella estrema

“Negli ultimi venti anni la povertà in Africa sub-sahariana è diminuita, ma nello stesso tempo è aumentato il numero degli africani che vivono in condizioni di estrema indigenza”. Questa preoccupante affermazione è contenuta nell’ultimo report di Banca mondiale “Poverty in a Rising Africa”, diffuso la settimana scorsa, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione. Lo studio afferma che, nel 2012, gli africani della macroregione che versavano nell’estrema povertà erano 388 milioni.

Un numero pari al 43% della popolazione complessiva; mentre nel 1990 erano 284 milioni, pari al 56%. Dai dati contenuti nel documento si evince che negli ultimi quattro anni la povertà estrema è scesa al 35%, in base alla nuova soglia stabilita recentemente in 1,9 dollari al giorno. Le cifre nascondono, però, profonde differenze tra un paese e un altro, così come tra aree urbane ed extraurbane, senza contare le difficoltà incontrate dai rilevatori nella raccolta di dati statistici attendibili.

In Ghana, ad esempio, il tasso di povertà è sceso dal 53% del 1991 al 21% del 2012; anche l’Etiopia ha registrato buoni progressi grazie all’aumento della produttività agricola, in un continente dove tra il 65 e il 70% della popolazione vive nelle zone rurali. Inoltre, la popolazione dell’Africa ha registrato miglioramenti nelle condizioni generali di prosperità, soprattutto in termini di salute e sicurezza. Mentre i dati a disposizione non suggeriscono un aumento sistematico delle disuguaglianze all’interno dei paesi africani, ma un sensibile incremento del numero di africani estremamente ricchi.

Sebbene, sempre secondo World Bank, la tendenza generale continui a presentare livelli di disparità sociale ed economica inaccettabilmente alti, che vengono ridotti in modo inaccettabilmente lento. Nei giorni scorsi, l’Istituto di Washington aveva presentato anche il Global Monitoring Report 2014/2015, realizzato per monitorare i progressi sugli Obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs), che al primo punto hanno proprio l’eliminazione della povertà estrema e della fame entro il 2030. Un target che, secondo le previsioni della Banca mondiale, potrebbe non essere raggiunto in tempo solo nell’Africa a sud del Sahara, una delle due aree geografiche del pianeta, insieme all’Asia meridionale, in cui i due fenomeni restano maggiormente concentrati.

L’organizzazione ha affermato che, nonostante i dati positivi, persiste una “grande preoccupazione” per l’Africa, dove alcuni paesi hanno conseguito significativi successi nella riduzione della povertà, ma la regione nel complesso è in ritardo rispetto al resto del mondo nel ritmo di diminuzione del fenomeno.

Il rapporto ha individuato il Madagascar e la Repubblica democratica del Congo come i più preoccupanti esempi della privazione in Africa. Un’altra nazione africana che la Banca mondiale ha posto sotto osservazione è il Malawi, dove circa tre quarti della popolazione sopravvive sotto il livello della linea di demarcazione della povertà, oltre ad essere regolarmente afflitta da siccità e alluvioni, che hanno distrutto i raccolti, costringendo i malawiani ad affrontare la peggiore crisi alimentare della loro storia.

Interessante notare, come scrive da Lilongwe il missionario monfortano padre Piergiorgio Gamba, che in questo angolo dell’Africa orientale nessuno sapeva cosa fosse l’Expo, tantomeno la sua gente si aspettava di ricevere aiuti. E verrebbe anche lecito chiedersi, se qualcuno degli analisti che ha redatto il voluminoso report di Banca Mondiale abbia di recente visitato il Malawi, dopo che in passato l’organizzazione per cui lavorano ha imposto ricette che hanno penalizzato fortemente lo sviluppo del paese.

Ci sono poi altri numeri, come quelli elaborati dalla Fondazione Mo Ibrahim, che ridimensionano le eventuali ricadute positive originate dall’abbattimento della povertà estrema rilevato dalla Banca mondiale. L’indice elaborato annualmente dal Centro Studi della fondazione presieduta dal filantropo africano magnate delle telecomunicazioni, per monitorare i progressi o i regressi compiuti dalla governance in ciascuna delle 54 nazioni dell’Africa, in 21 su 54 ha evidenziato un peggioramento del livello qualitativo di governance dopo il 2011.

La rilevazione prende in considerazione 86 criteri, tra i quali figurano la sicurezza, lo stato di diritto, il rispetto delle leggi, lo sviluppo sostenibile, lo sviluppo umano, la partecipazione, i diritti civili, la libertà economica e la promozione sociale. Senza un effettivo miglioramento di tutti questi elementi, sembra molto difficile compiere passi in avanti sul cammino dello sviluppo e di conseguenza registrare buoni risultati sul fronte della lotta alla fame e alla povertà estrema.

In definitiva, i progressi economici di rilievo registrati negli ultimi dieci anni dal continente non hanno aiutato a risolvere il problema della povertà endemica che affligge la regione. Così, l’antica sfida di far fronte ai propri bisogni quotidiani, per molti africani non si è ancora conclusa con successo, rendendo evidente che la crescita non si traduce automaticamente in sviluppo.

Categorie: Economia, Sviluppo | Tag: , , , , | Lascia un commento

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