Magufuli vince le elezioni più contestate della Tanzania

download__1___1446297670_38428Le elezioni presidenziali dello scorso 25 ottobre sono certamente le più contestate nella storia recente della Tanzania, dove nelle settimane precedenti al voto era partita una caccia al consenso con ogni mezzo. Un contesto influenzato dalla scelta dei partiti d’opposizione di convergere su Edward Lowassa sia per Zanzibar sia per il paese. Lowassa, però, non è riuscito a prevalere su John Pombe Magufuli, candidato del partito di governo Chama Cha Mapinduzi (in kiswahili “Partito della Rivoluzione”).

Quest’ultimo ha incentrato la campagna elettorale su un programma che prevede la lotta alla corruzione, la creazione di posti di lavoro, soprattutto per i giovani, la continuazione dei progetti per estrarre gas naturale, il rilancio dell’industria mineraria e il miglioramento delle infrastrutture di comunicazione nel paese.

“Il bulldozer”, come è stato soprannominato Magufuli quando ricopriva la carica di ministro dei Lavori pubblici, ha prevalso con il 58.46% di consensi contro il 39,97% del suo sfidante, ma questi dati sono stati duramente contestati dall’opposizione, tanto da spingere Lowassa a chiedere un nuovo conteggio delle schede per presunte irregolarità durante lo scrutinio. Lowassa ha rifiutato di riconoscere il risultato, sostenendo che il sistema elettronico utilizzato per lo spoglio delle schede era stato manipolato e che era in atto un tentativo di derubare i cittadini della Tanzania dei loro diritti democratici.

Tutto questo, mentre nella regione semiautonoma di Zanzibar, considerata la roccaforte del principale storico partito d’opposizione, il Fronte civico unito (Cfu), sono state annullate le elezioni locali e nazionali, dopo che la Commissione elettorale (Zec) aveva denunciato presunte irregolarità durante le procedure di voto. La decisione ha suscitato le proteste dell’opposizione che ha accusato il governo di aver invalidato il voto perché il Ccm aveva perso, basandosi anche sul giudizio degli osservatori internazionali che hanno dichiarato pienamente regolari le elezioni di Zanzibar, chiedendo spiegazioni alla Zec in merito all’annullamento del risultato elettorale.

Gli Stati Uniti hanno espresso la loro preoccupazione per quanto sta accadendo a Zanzibar, dove neanche che il giorno delle elezioni si erano registrati episodi di violenza, come era capitato in passato, nell’isola a maggioranza musulmana sempre più interessata da crescenti spinte separatiste. Va comunque riconosciuto che il margine di scarto con cui Magafulli ha conseguito la presidenza è molto ampio. Il risultato ha sorpreso anche gli analisti, che si aspettavano una competizione molto più serrata, mentre la principale coalizione di opposizione aveva seriamente preso in considerazione la possibilità di scalzare il più longevo partito africano al governo.

Il Ccm, nato dalla fusione dei fronti di liberazione nazionali del Tanganica e di Zanzibar, è ininterrottamente al potere dal 1977, quando venne fondato da Julius Nyerere, considerato insieme a Nelson Mandela uno delle due personalità più importanti dell’Africa moderna. Il padre fondatore della Tanzania nella sua innovativa proposta politica, elaborò una forma compiuta di “socialismo cristiano-africano”, proponendo un modello di sviluppo che rendesse effettivamente emancipato il suo paese non solo dal colonialismo ma anche dal neocolonialismo, coniugando la modernità con la cultura africana.

I ripetuti casi di corruzione registrati negli ultimi anni nel paese sono molto distanti dalla concezione della politica del primo presidente tanzaniano. Non dimentichiamo che il mandato del presidente uscente Jakaya Kikwete è stato marcato da un clamoroso caso di corruzione nel settore energetico, che ha visto anche il coinvolgimento del suo establishment. Uno scandalo che ha causato un taglio di quasi mezzo miliardo di euro in aiuti alla Tanzania, dove due terzi della sua popolazione vive in condizioni di povertà.

E non a caso, durante la campagna elettorale sia il Ccm che il Cfu hanno annunciato di varare nuove misure per contrastare la corruzione, come la creazione di tribunali speciali proposta dal nuovo presidente Magufuli, che in verità non è mai stato coinvolto in nessun episodio corruttivo. Lowassa, invece, è stato primo ministro dal 2005 al 2008, anno in cui ha dovuto rassegnare le dimissioni a causa di una vicenda di corruzione, per la quale ha sempre negato il suo coinvolgimento e non è mai stato condannato.

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