Tra gli invitati speciali al terzo vertice India-Africa, conclusosi lo scorso 29 ottobre a Delhi, c’era anche Singapore. Pur essendo noto che il paese è nel cuore del primo ministro indiano Narendra Modi, ci si chiede quali rapporti commerciali possa intraprendere una piccola isola del sud-est asiatico con l’Africa. E si scopre che c’è un crescente interesse della piccola città-stato del sud-est asiatico nei riguardi del continente africano, dove operano in vari settori oltre 50 aziende singaporiane.
Per aiutare le proprie aziende a valorizzare l’enorme potenziale economico subsahariano l’International Enterprise (Ie) Singapore, l’agenzia governativa per la promozione all’estero di beni e servizi prodotti nell’isola, ha aperto nel 2013 due rappresentanze in Sudafrica e in Ghana con l’obiettivo di creare una strategia di partnership con le aziende locali e sostenere quelle che cercano di entrare nel mercato asiatico, utilizzando Singapore come base per le loro operazioni regionali.
Nell’agosto 2014, l’Ie ha rilanciato l’Africa Singapore Business Forum (Asbf), una piattaforma per promuovere i rapporti commerciali e le opportunità investimento tra l’Africa e Singapore. Da segnalare che tra il 2009 e il 2014 gli scambi tra Singapore e i paesi africani ha registrato un incremento annuo di oltre il 12%.
In questa fitta rete di affari, spicca la Pavilion Energy, la divisione energetica della Temasek, la holding di proprietà del governo di Singapore, che dopo aver investito 1,255 miliardi di dollari per assicurarsi la partecipazione del 20% in tre blocchi estrattivi offshore di gas naturale al largo delle coste della Tanzania, mira a estendere il suo controllo anche sui giacimenti in Angola, Ghana, Mozambico e Nigeria.
Accade pure, che il padre di Singapore sia citato come un modello politico da uno dei leader africani da più tempo al potere. È il caso del presidente rwandese Paul Kagame, che lo scorso marzo, pochi giorni dopo la scomparsa dello statista Lee Kuan Yew, in un’intervista rilasciata a Jeune Afrique e tradotta dal New York Times, ha ricordato il fondatore della città-stato definendolo una fonte d’ispirazione, un grande uomo, guidato da grandi principi e che ha raggiunto importanti traguardi in un piccolo paese.
Una celebrazione chiaramente mirata a giustificare la sua decisione di volersi ricandidare per un terzo mandato, considerato che Lee ha esercitato la carica di primo ministro dal 1959 al 1990, ma il paragone non regge perché Singapore, pur avendo affrontato gravi tensioni tra cinesi, indiani e malesi, quando ottenne l’indipendenza nel 1965, non ha mai avuto a che fare con qualcosa di simile al genocidio che nel 1994 ha sconvolto il Ruanda.
Un bagno di sangue che rimane cruciale anche per comprendere la politica estera di Kagame, che non ha mai esitato a ricorrere alla forza per raggiungere i suoi scopi, mentre Singaporeè sempre stata ostentatamente non conflittuale nei suoi rapporti con il resto del mondo.
Articolo pubblicato su Nigrizia.it