Le economie africane hanno sempre più bisogno di creare un ambiente adatto per favorire lo sviluppo delle aziende del settori manifatturieri e dei servizi sui quali investire per incentivare la crescita, che non può continuare a essere trainata dalle esportazioni di materie prime. L’impellente necessità di ristrutturare i due strategici comparti è rilevata nel nuovo studio dell’Institute of Chartered Accountants in England and Wales (Icaew).
Nella relazione, pubblicata a fine marzo, sono contenute numerose osservazioni sullo stato attuale dell’economia sub-sahariana, che nella sostanza appare ancora delineato da previsioni positive con un incremento medio del Pil del 4,3%, tra il 2015 e il 2020. Oltre a evidenziare come il punto debole dell’economia della regione sia ancora rappresentato dalla forte dipendenza dalle materie prime, gli analisti dell’Icaew pongono in risalto l’importante ruolo nella crescita esercitato dagli investimenti diretti esteri (Ide), per la maggior parte provenienti da Stati Uniti e Cina.
Il documento rileva anche la crescita del secondario e del terziario e rispetto alla prima metà dell’attuale decennio evidenzia come nei prossimi cinque anni la crescita sarà concentrata in un numero ristretto di paesi e in più settori, oltre che basata su driver esterni. Di conseguenza, l’attuazione di buone politiche economiche sarà sempre più importante anche alla luce del previsto rallentamento della creazione di nuovi posti di lavoro urbani, che cresceranno a un ritmo inferiore rispetto all’aumento della popolazione in molte città africane. Naturalmente, una delle maggiori sfide che molti paesi dovranno affrontare negli anni a venire è rappresentata dalla difesa della sicurezza e dal terrorismo, che minano la fiducia delle imprese e dei consumatori.
Nel documento è anche citato l’approccio verso la green economy di alcuni paesi dell’Africa orientale che ambiscono a uno sviluppo sostenibile e al superamento delle vecchie tecniche di produzione energetica, ma anche a ridurre la necessità di estendere la rete energetica nazionale nei villaggi più remoti. Tra questi si distingue il Ruanda, dove nei pressi del lago Mugesera, sessanta chilometri ad est della capitale Kigali, sorge un impianto di energia solare che rappresenta un modello per l’intero continente. Mentre dallo scorso ottobre, nel sud dell’Etiopia, ha cominciato a produrre energia la centrale idroelettrica di Gilgel Gibe III con una potenza in uscita di 1870 megawatt.
Un intenso sfruttamento delle energie rinnovabili è sviluppato anche dal Kenya, diventato il settimo maggior produttore di energia geotermica a livello globale, dopo aver recentemente potenziato di 140 megawatt la capacità di produzione dell’impianto geotermico di Olkaria, il più grande di tutta l’Africa.
Tuttavia, questi progetti d’investimento non sono esenti da criticità. Per esempio, gli effetti della rivoluzione verde in Ruanda sono stati oggetto di documentate critiche in un recente rapporto dell’Università inglese di East Anglia (Norwich). Mentre, fin dall’inizio la realizzazione dell’impianto idroelettrico di Gilgel Gibe III in Etiopia è risultata controversa per i notevoli danni socio ambientali che sta producendo nell’area. L’impatto negativo sugli ecosistemi e le economie di sussistenza dipendenti dal fiume Omo è ampiamente descritto in un report di Survival International, dove viene perfino denunciata la possibile scomparsa della tribù Kwegu.
Le previsioni sulle economie dei singoli paesi favoriscono il Kenya, considerato il meno dipendente dalle materie prime tra tutti gli Stati membri della Comunità dell’Africa orientale (Eac). Questo scarso legame unito a una relativa ma tangibile diversificazione dovrebbero favorire una crescita economica del paese africano di circa il 6% nel periodo dal 2017 al 2020. Le stime sono invece meno ottimistiche per Nigeria e Sudafrica, le due principali economie del continente, da tempo in difficoltà a causa del crollo del prezzo del greggio e delle commodity.
Un altro promettente settore per lo sviluppo dell’area sub-sahariana è rappresentato dal FinTech, ovvero la digitalizzazione dei servizi finanziari, che ha registrato una rapida crescita negli ultimi cinque anni e ha permesso ai consumatori digitalmente più attivi di razionalizzare e migliorare i servizi bancari tradizionali. La finanza online sta attraversando una fase di sviluppo senza precedenti in Africa essendo in grado di fornire servizi finanziari di qualità e rispondenti alle singole esigenze del cliente. Le nuove tecnologie finanziarie hanno anche contribuito in modo significativo a ridurre il costo delle transazioni e semplificare la facilità di trasferire il denaro. Inoltre, il mobile banking ha permesso al social lending (prestito tra privati) di estendersi su vasta scala, incrementando il risparmio tradizionale e generando maggiori versamenti di denaro anche nelle stokvel, come vengono chiamate le agenzie di risparmio nelle township sudafricane.