La meteora del sedicente Stato Islamico in Africa Orientale

Negli ultimi giorni una nuova sigla si è aggiunta al panorama jihadista dell’Africa orientale. Si tratta di Jahba East Africa, che ha giurato fedeltà allo Stato Islamico riconoscendo il califfo Abu Bakr al-Baghdadi come il leader legittimo di tutti i musulmani. In un comunicato in inglese pubblicato nei giorni scorsi su Twitter, il nuovo gruppo radicale islamico sostiene di aver già reclutato dei militanti in ben quattro Stati dell’Africa Orientale .

Gli Stati in questione Kenya, Uganda, Tanzania e Somalia, sono elencati nello scritto, in cui viene anche denigrata pubblicamente al-Shabaab, la più importante organizzazione jihadista della regione, che secondo Jahba East Africa “è diventata una prigione fisica e psicologica per i suoi militanti”. Il nuovo gruppo esorta quindi i membri del movimento somalo e quelli di altre formazioni legate ad al Qaeda, come al-Muhajiroun, al-Hijra e Ansar al-Islam, a unirsi alle sue fila.

Il documento contiene altre accuse nei confronti del gruppo estremista tacciato di non servire l’Islam secondo le leggi di Allah e di aver incolpato di tradimento senza alcuna prova molti mujaheddin, che avevano deciso di aderire alla causa del Califfato. Al-Shabaab non ha risposto direttamente alle aspre critiche rivolte dal nuovo gruppo jihadista, ma domenica scorsa ha replicato attraverso la pubblicazione di un video in cui ribadisce la sua valenza sul campo di battaglia. Il filmato intitolato “La battaglia di El-Ade” riproduce alcune fasi dell’attacco sferrato dai militanti di al-Shabaab ai danni della base Amisom di El-Ade, nel sud-ovest della Somalia, dove lo scorso 15 gennaio sono stati uccisi almeno 160 soldati keniani.

Le immagini mostrano giovani miliziani islamisti con indosso fasce rosse come segno distintivo, che prima avanzano gradualmente attraverso la boscaglia e poi aprono il fuoco con fucili mitragliatori e armi pesanti montati su pick-up contro i soldati keniani rannicchiati in posizioni difensive. Il video mostra anche l’esecuzione sommaria per mano degli gli estremisti somali che da distanza ravvicinata infliggono il colpo di grazia ai militari della missione di pace dell’Unione africana.

Secondo Matt Bryden, direttore della Sahan Research, un’organizzazione non governativa che dal 2002 opera per lo sviluppo socio-economico della Somalia, al-Shabaab si è sempre dimostrato molto abile nell’utilizzo dei social media per minare la credibilità dei suoi avversari. Sempre Bryden ha spiegato che non è chiaro quanti siano i militanti islamisti che finora hanno aderito a Jahba East Africa. È invece evidente che lo Stato islamico sta mietendo proseliti in tutta la Somalia, aumentando così la probabilità di scontri tra fazioni estremiste rivali, come già accaduto in Siria.

Da circa un anno l’Isis sta tentando di convincere la leadership del gruppo estremista somalo a recidere i propri legami con al Qaeda. Tra maggio e ottobre 2015, l’al-Hayat Media Center, il braccio mediatico dell’organizzazione islamista, ha postato decine di video su Internet rivolgendosi ai combattenti di al-Shabaab come a “veri mujaheddin” ed esortandoli ad abbracciare la propria causa.
Lo scorso 23 ottobre Abdul Qadir Mumin, uno dei leader spirituali del gruppo somalo ha giurato fedeltà allo Stato islamico, insieme ad altri venti membri dell’organizzazione. La decisione dello sceicco ha prodotto ulteriori fratture all’interno degli estremisti, i cui vertici rimangono comunque sempre legati ad al Qaeda.

In ogni caso anche l’adesione, in realtà più simbolica che pratica, di al-Shabaab al network qaedista, aveva dato luogo a pesanti contrasti interni, che nel giugno 2013, indussero il portavoce del gruppo per le operazioni militari Abdulaziz Abu Musab ad annunciare l’esecuzione di alti esponenti del movimento islamista per ordine del defunto leader Ahmed Abdi Godane. La stessa situazione che si sta ripresentando adesso, come dimostra la recente uccisione di alcuni membri di al-Shabaab considerati favorevoli al Califfato. Le esecuzioni sono state condotte dall’Amniyat, una sorta di servizio segreto semi-indipendente dalla leadership militare del gruppo, insieme all’arresto di altri militanti di al-Shabaab rei di aver dimostrato solidalità con il gruppo di al-Baghdadi.

La proclamazione di Jahba East Africa rivela però che il tentativo di al-Shabaab di neutralizzare gli elementi pro-Isis sembra essere fallito. Inoltre, il giuramento di fedeltà pronunciato dalla nuova formazione terroristica africana è solo l’ultimo di una lunga serie. Infatti, da quando, nel giugno 2014, l’ISIS ha proclamato la restaurazione del Califfato, molti gruppi jihadisti hanno giurato fedeltà allo sceicco al-Baghdadi, permettendo così all’organizzazione di stabilire wilayat (province) esterne al nucleo originario in Iraq e Siria. Per esempio, in Libia, dopo che nel novembre 2014 il Majlis Shura Shabaab al-Islam (Consiglio della Shura dei giovani islamici) ha dichiarato il proprio sostegno allo Stato islamico è sorta la provincia della Cirenaica, la ‘Wilayah Barqa’.

Sempre nel novembre 2014, gli islamisti egiziani di Ansar Bait al-Maqdis hanno dato vita alla ‘Wilayat Sinai’, mentre gli estremisti nigeriani di Boko Haram nel marzo 2015 hanno proclamato la provincia dell’Africa occidentale ‘Wilayat GharbIfriqiya’ e l’emiro Hafiz Saeed Khan da gennaio 2015 governa la ‘Wilayat Khorasan’ estesa tra Afghanistan e Pakistan. Allo stesso modo, negli ultimi mesi altri gruppi estremisti nel sud-est asiatico, Caucaso, Algeria, Yemen e Gaza hanno dichiarato la loro adesione al Califfato.

Come è finita?

Jahba East Africa, che aveva la sua base in Kenya, l’8 aprile 2016 aveva giurato fedeltà allo Stato islamico riconoscendo Abu Bakr al-Baghdadi come unico leader di tutti i musulmani, ma il Califfo non ha mai legittimato il giuramento. Il gruppo si sciolse pochi mesi dopo l’annuncio della sua fondazione e del reclutamento di militanti in Kenya, Uganda, Tanzania e Somalia, in seguito all’arresto del suo capo, il medico keniano Mohamed Abdi Ali (Abu Fida’a), di sua moglie Nuseiba Mohammed Haji, e di un terzo complice di nome Fatuma Mohammed Hanshi. I tre vennero accusati di aver pianificato nel maggio 2016 attacchi con antrace su vasta scala nel territorio keniano. Abdi Ali Abdi Ali è stato anche accusato di aver gestito una rete di reclutamento, che aiutava i combattenti del Kenya a raggiungere Libia, Siria e Somalia per unirsi alle fila dello Stato islamico. 

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