Migration compact: cos’è e perché non piace alla Germania

Lo scorso aprile, il governo italiano guidato da Matteo Renzi ha presentato all’Unione europea alcune proposte per un approccio comune alla crisi migratoria che ha investito l’Europa, mettendo a rischio la solidarietà interna e alcuni capisaldi che sembravano intoccabili, come la libera circolazione e la rimozione dei controlli alle frontiere. Il Migration Compact ha suscitato grande interesse in Europa. Ma nello specifico di cosa si tratta?

Sono tre le premesse su cui si fondano le proposte italiane. Innanzitutto, le migrazioni verso l’Europa devono essere considerate un fenomeno strutturale, che non può essere risolto proponendo soluzioni di emergenza, ma agendo sulle cause dei flussi migratori, integrando una dimensione esterna nella politica migratoria, che guardi fuori dai confini europei. Infine, la proposta italiana individua un contesto cruciale nell’Africa, i cui paesi dove hanno origine e transito molti dei flussi migratori dovrebbero diventare i principali interlocutori con cui agire. Sulla base di queste premesse, l’Italia propone uno scambio fra Europa e paesi africani, prevedendo cinque iniziative per parte.

Le offerte dell’Europa
  1. Una generale ridefinizione della politica di cooperazione verso progetti di investimento, finanziati da strumenti già esistenti a carico del budget Ue;
  2. L’emissione di prodotti finanziari Ue – Africa, che facilitino l’accesso ai mercati finanziari per i paesi africani, oltre alla formulazione di alcune soluzioni finanziarie per migliorare la resa di fenomeni rilevanti come quello delle rimesse;
  3. Una migliore cooperazione in materia di sicurezza (controllo delle frontiere, gestione dei rifugiati, giustizia penale) prima a livello nazionale, poi regionale, considerata la natura transnazionale dei flussi migratori;
  4. L’implementazione di strumenti di migrazione legale verso l’Europa, prevedendo quote nazionali e la predisposizione di corsi di formazione e di lingua per i migranti, in collaborazione con le imprese interessate.
  5. Schemi di redistribuzione dei migranti all’interno dell’Unione.
Cosa si richiede ai paesi africani
  1. Il controllo effettivo delle frontiere e della riduzione dei flussi illegali, con l’impegno da parte dell’Unione di trasferire competenze e risorse;
  2. Maggiore cooperazione per i rimpatri degli immigrati irregolari, tramite la predisposizione di uffici di collegamento dell’Ue direttamente nei paesi africani, l’implementazione di database e registri pubblici funzionanti e l’accettazione per i rimpatri di voli charter gestiti anche dai singoli Stati membri dell’Ue;
  3. Gestione in loco dei flussi migratori, a partire dalla necessaria distinzione fra richiedenti asilo e migranti economici, accompagnata dall’immediato trasferimento in Europa di chi merita la protezione internazionale;
  4. Implementazione, con il sostegno dell’Ue, di sistemi nazionali di asilo politico;
  5. Rafforzamento della lotta ai trafficanti di esseri umani.
Eurobond

Questa serie di azioni richiede uno sforzo economico rilevante da parte dell’Europa. L’Italia si dimostra consapevole di questo ostacolo e propone alcune soluzioni, alcune molto scontate (l’utilizzo di fondi già a bilancio Ue, oggi stanziati per la cooperazione allo sviluppo), altre più innovative, come gli eurobond (Common EU Migration Bonds) per finanziare una politica migratoria europea comune. Si promuove poi la creazione di un nuovo strumento a carico del budget Ue per integrare il Trust Fund lanciato a La Valletta e un fondo per favorire gli investimenti in Africa.

Le reazioni

La proposta italiana rimane però vaga su come finanziare tutti questi strumenti, ponendosi come una base di partenza per una nuova discussione a livello europeo. Discussione già iniziata con la risposta di Juncker a Renzi, in cui il presidente della Commissione si dice sostanzialmente d’accordo con l’approccio italiano, ricordando i risultati già ottenuti a La Valletta e attraverso l’accordo con la Turchia, trascurando però gli elementi più innovativi della proposta, come gli eurobond o i prodotti finanziari condivisi.

Si è invece espressa fermamente la Germania, negando la possibilità di adottare simili strumenti di finanziamento. A Berlino non piace che  le spese dei governi nazionali sul fronte migrazione vengano finanziate con gli eurobond, ma punterebbe all’imposizione di una tassa speciale sulla benzina .

Dalla Commissione arrivano invece caute aperture da parte del vice presidente Frans Timmermans, che ha ventilato la possibilità che siano gli Stati membri, che non intendono accogliere i migranti, a finanziare la politica europea con contributi economici ulteriori rispetto a quelli garantiti al budget europeo.

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