L’Africa continua a mostrare tutta la sua versatilità nell’individuare nei biocarburanti un’opportunità di sviluppo economico, che negli ultimi anni ha registrato un forte aumento degli investimenti per la produzione e il commercio su larga scala. Tutto documentato nel rapporto Second-Generation Biofuel Markets: State of Play, Trade and Developing Country Perspectives, realizzato lo scorso febbraio dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad).
Nel suo studio, l’organismo di Ginevra evidenzia come il continente sia diventato la nuova frontiera per i progetti di biocarburanti innovativi basati sulle colture non alimentari, sottolineando che queste iniziative sono principalmente attive in Africa orientale e meridionale, sebbene anche in Africa occidentale sono stati realizzati programmi con incoraggianti risultati.
Il rapporto esamina la produzione e il commercio di biocarburanti di seconda generazione, quelli ricavati da generi non alimentari (come la bagassa della canna da zucchero) e soprattutto coltivabili in aree residuali o comunque non vocate all’agricoltura tradizionale, quindi privi di impatto sulla filiera agroalimentare. Nella parte dedicata all’Africa, lo studio rileva che nella ragione tale pratica si caratterizza da un lato per la sua limitata dimensione e dall’altro per l’esistenza di promettenti nicchie di mercato, specialmente per il combustibile da cucina.
L’attuale basso prezzo del petrolio, le difficoltà incontrate nella realizzazione di progetti precedenti, nonché il più alto livello di investimenti necessari per lo sviluppo di piani per i biocarburanti di seconda generazione, non indicano un incremento della produzione su larga scala nel breve periodo. Tuttavia, due principali modelli di progetti di biocarburanti di seconda generazione possono svilupparsi sul continente, quelli relativi al settore dei trasporti e agli usi domestici.
Il settore dei trasporti rappresenta uno dei più proficui mercati per i biocarburanti africani con paesi come l’Angola, Etiopia, Kenya, Malawi, Mozambico, Sudafrica e Sudan, dove sono stati introdotti nuovi obblighi di miscelazione, che impongono quote minime di consumo con l’effetto di stimolare sia la domanda sia l’offerta. È in questa direzione che, negli ultimi anni, nel continente africano sono state sviluppate diverse iniziative per produrre biocarburanti di seconda generazione.
Tra queste, il rapporto si sofferma nell’esaminare il progetto Solaris, lanciato nel dicembre 2014 in Sudafrica per produrre biocarburante di seconda generazione grazie a una pianta di tabacco. Nella pratica si tratta di un seme di tabacco ibrido, non Ogm e privo di nicotina, che si presta alla produzione di biocarburante per le sue piccole foglie e semi molto grandi, composti per il 40% da olio dalla cui spremitura si può ottenere il 33-34% di olio grezzo vegetale. Lo stesso olio che, lo scorso 15 luglio, ha alimentato il primo volo ‘green’ in Africa effettuato dal Boeing 737-800 della South African Airways (Saa) decollato con trecento passeggeri a bordo dall’aeroporto internazionale di Cape Town alla volta di Johannesburg.
Il progetto Solaris è stato brevettato dall’azienda italiana Sunchem di Arma di Taggia, in provincia di Imperia, che insieme agIi altri partner del progetto (SAA, Boeing, SkyNrg e Rsb) ha avviato un piano chiamato Southern Africa Sustainable Aviation Fuel Initiative, volto ad assicurare nel lungo periodo il rifornimento nazionale per SAA e altri ‘stakeholder’ regionali. Solaris è stata piantata in cinquanta ettari di terreno nell’area di Marble Hall, nella provincia sudafricana di Limpopo, dove la messa in opera del progetto ha stimolato un reale sviluppo economico e rurale.
L’obiettivo è quello di implementare l’iniziativa in Africa su scala industriale nei prossimi anni arrivando tra Sudafrica e Namibia a coltivare 250 mila ettari, che significano lavoro per 150mila persone. Di conseguenza, un forte impatto socio-economico oltre che ambientale, che potrebbe essere ulteriormente incentivato dalla creazione di una filiera di produzione del tabacco, che consentirebbe agli agricoltori locali di inserirsi nella domanda globale del prodotto agricolo, senza alcun impatto sfavorevole sulle provviste di cibo, acqua o sull’utilizzo delle terre.
La messa in atto del piano Solaris costituisce certamente un passo importante verso l’utilizzo delle piante per carburanti ecosostenibili in grado di ridurre le emissioni nocive di carbonio deal 50% al 75%. Per questa serie di motivi, il rapporto afferma che Solaris è un ottimo esempio di un progetto innovativo per promuovere lo sviluppo di biocarburanti di seconda generazione nel settore del trasporto africano.