Come migliorare l’accesso ai servizi igienici in Africa

Nel 2015, l’Africa ha perso 19,3 miliardi di dollari a causa della mancanza di accesso ai servizi igienico-sanitari, con un incremento del 24,5% rispetto ai 15,5 miliardi di dollari registrati nel 2010. Un perdita equivalente allo 0,9% del prodotto interno lordo del continente, contro lo 0,7% del 2010. Questi alcuni dei principali dati che emergono da un nuovo rapporto pubblicato dalla multinazionale giapponese Lixil Group Corporation in collaborazione con WaterAid e Oxford Economics.

Lo studio è stato condotto utilizzando strumenti di modellazione economica, che su un campione di 110 paesi hanno determinato l’elevato onere economico derivato dalla mancanza di soluzioni al problema, soprattutto per quanto riguarda i paesi a medio-basso e basso reddito. Dal report emerge che in termini di incidenza percentuale, l’Africa subsahariana, insieme all’Asia meridionale, è una delle due aree dove sono ancora concentrati i dieci paesi più colpiti dal problema, che rimane uno dei principali ostacoli allo sviluppo della macroregione, che stenta a trovare soluzioni efficaci.

La peggiore situazione si registra in Africa, dove l’inadeguatezza dei sistemi igienici è causa del 75% delle morti premature. Il 25% delle quali è dovuto a malattie correlate, come la dissenteria, causate dall’inadeguato accesso ad acqua potabile e dall’assenza o insufficienza di latrine, bagni e sistemi fognari. La scarsa igiene comporta anche un’ampia gamma di effetti negativi sulla società e l’economia africana, che si traducono nel causare malattie debilitanti e mortali trasmesse attraverso la contaminazione dell’acqua potabile.

Il rapporto voluto dal colosso sol levante, che evidentemente si candida ad ampliare il proprio business in Africa, individua tre settori prioritari che saranno fondamentali nel garantire soluzioni per un risanamento sostenibile generale.

Il primo elemento è la volontà politica e di azione, considerando che il più disatteso tra gli Obiettivi di sviluppo del millennio è stato proprio il settimo, che entro il 2015 prevedeva di ridurre della metà la percentuale di popolazione senza un accesso sostenibile all’acqua potabile e agli impianti igienici di base. Per questo, i governi dovrebbero impegnarsi attuando una strategia nazionale in materia di risanamento per raggiungere quello che ora figura al sesto posto tra i 17 nuovi Obiettivi di sviluppo sostenibili.

Il secondo punto su cui lavorare è trovare soluzioni innovative, consapevoli del fatto che i sistemi sanitari nei paesi sviluppati richiedono grandi quantità di terra, energia e acqua. E sono inoltre costosi da costruire e far funzionare. L’innovazione è quindi la chiave per risolvere l’emergenza igienico-sanitaria nei paesi meno più poveri.

L’ultimo fattore chiave è costituito dalla collaborazione intersettoriale, che dovrebbe aiutare a vincere la complessa sfida di trovare nuove soluzioni igienico-sanitarie per i paesi a basso reddito. E il report fa esplicito riferimento all’importanza di costruire partenariati tra settore privato, gli organismi pubblici e la società civile.

La condivisione delle conoscenze, l’introduzione di nuove tecnologie e l’innovazione nei modelli di distribuzione saranno necessari per far fronte alla carenza di servizi igienico-sanitari in Africa.

Articolo pubblicato su Nigrizia.it

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