Il Business Economic Forum Turchia-Africa, concluso ieri a Istanbul, ha posto in evidenza la strategia di Ankara per migliorare gli scambi bilaterali e le relazioni economiche con i paesi africani, in particolare quelli sub-sahariani. I due giorni di lavori hanno consolidato la collaborazione turco-africana, che negli ultimi anni si è sempre più intensificata come rilevato dal Turkish Statistical Institute.
Il Forum, organizzato congiuntamente dal ministero dell’Economia della Repubblica di Turchia, Commissione dell’Unione africana, Board per lo sviluppo delle relazioni economiche internazionali della Turchia (Deik) e l’Assemblea degli esportatori turchi (Tim), ha offerto ai leader dell’industria africana e ai più importanti imprenditori turchi di sviluppare incontri b2b (business-to-business).
Nel complesso, i due giorni di lavori hanno creato nuove opportunità di concludere affari per entrambe le parti e consolidato la collaborazione turco-africana. Una collaborazione già avviata come rilevato dai dati resi noti alla vigilia dell’incontro dal Turkish Statistical Institute che, tra il 2011 e il 2015, ha registrato una crescita delle esportazioni della Turchia verso l’Africa tre volte superiore rispetto al volume complessivo registrato a livello globale. Nello specifico sono aumentate del 20,5%, mentre il volume totale delle esportazioni in tutto il mondo è aumentato solo del 7%. Nello stesso periodo, il volume del commercio estero della Turchia con l’Africa è ammontato a 93,8 miliardi di dollari.
Le esportazioni verso i paesi africani nel 2015 sono salite a 12,5 miliardi di dollari dai 10,33 miliardi del 2011, mentre nel medesimo quinquennio le importazioni dal continente sono diminuite del 25% fino a raggiungere quasi i 5 miliardi. Inoltre, secondo il ministero della Cultura e del turismo turco, il numero di turisti africani che visitano la Turchia è quasi raddoppiato, raggiungendo nel 2015 l’elevato numero di 885.900 dai 445.500 del 2011. Infine, un’altra rilevazione indica che dal 1972 al 2015, gli imprenditori turchi hanno completato 1.202 progetti in Africa per un valore di 580 miliardi di dollari.
Numeri eloquenti che evidenziano non solo un incremento quantitativo, ma anche qualitativo nei rapporti commerciali tra i due blocchi. Tuttavia, va rilevato che fino a oggi gli investitori turchi hanno nettamente privilegiato i paesi del Nord Africa, mentre adesso stanno concentrando la loro attenzione sull’Africa sub-sahariana. Un interesse che pone in prima linea il settore energetico, nel quale le imprese turche hanno acquisito notevole esperienza, che può aiutare l’area sub-sahariana, dove 620 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità, a colmare questo gap strutturale.
L’attivismo della Sublime Porta verso il continente africano non si limita agli affari, ma anche allo sviluppo di un saldo legame istituzionale con i vari governi africani. L’incremento dei rapporti fra le due realtà geografiche è stata segnato dall’Africa Action Plan, lanciato nel 1998 dalla Banca Mondiale. Da allora, anche grazie ai legami storici e culturali che risalgono al periodo ottomano, la Turchia ha rivolto il suo sguardo all’Africa adottando una politica mirata.
L’attuale amministrazione Akp, il cui architetto in politica estera è stato Ahmet Davutoğlu, ha rilanciato con vigore il dialogo con il continente africano, così come con tutti gli altri “vicini” accomunati da uno stesso retaggio. La riscoperta e valorizzazione del passato condiviso è stato il motore della diplomazia di Ankara spinta anche da un forte approccio business-oriented.
La creazione/rafforzamento di interdipendenze economiche che fanno perno su condivisi valori e memorie per Ankara è diventata funzionale al mantenimento di relazioni pacifiche. Questo ha costituito un elemento nuovo nell’approccio della Turchia in politica estera, confinata sino all’avvento dell’Akp a un sostanziale isolamento internazionale. Non a caso, per lungo tempo è stato valido il motto “l’amico di un turco è solo un turco”.
Nella sua politica africana la Turchia ha concentrato in particolare la sua attenzione sulla Somalia, dove è attiva in diversi ambiti e progetti che spaziano da creazione di infrastrutture, azioni umanitarie, programmi sanitari e sicurezza. Notevoli sono quindi gli investimenti turchi, basti pensare all’ampia azione di intervento e supporto della Tika (Agenzia turca per lo sviluppo e la cooperazione) e alle varie commesse di stakeholder privati.
Le relazioni della Turchia con la Somalia sono molto estese, come prova il fatto che nell’agosto 2011, Erdogan è stato il primo leader non africano a visitare il paese del Corno d’Africa negli ultimi due decenni. Inoltre, per trovare una soluzione alla crisi somala, nel maggio 2010 e nel giugno 2012, la Turchia ha ospitato due conferenze internazionali a Istanbul.
In ultimo, la scelta di Ankara d’installare una base militare in Somalia rivela l’importanza geostrategica che il paese del Corno d’Africa, situato in prossimità del golfo di Aden, riveste per la Turchia. Dati gli interessi politici ed economici, la messa in sicurezza del paese e il contenimento delle minacce terroristiche sono una priorità per Ankara e rientrano anche nella logica della “diplomazia umanitaria” promossa dall’Akp.
L’esperienza somala è l’esempio di come Ankara utilizzi tutti gli strumenti di soft-power a sua disposizione per accrescere la propria influenza nel continente e raggiungere l’obiettivo di entrare a far parte delle dieci economie più sviluppate al mondo entro il 2023, in coincidenza con il centenario della fondazione della Repubblica turca.