Nell’ultimo indice di percezione della corruzione (Cpi), pubblicato la scorsa settimana dall’ong berlinese Transparency International, l’Africa sub-sahariana si conferma per l’ennesima volta la regione più corrotta al mondo, dove la maggior parte della popolazione è costretta a pagare una tangente per risolvere problemi burocratici e amministrativi. Ma in tutto il continente si stanno rafforzando commissioni e iniziative anti-corruzione per combattere questa metastasi sociale.
Nell’ultimo indice di percezione della corruzione (Cpi), pubblicato la scorsa settimana dall’ong berlinese Transparency International, l’Africa sub-sahariana si conferma per l’ennesima volta la regione più corrotta al mondo, dove la maggior parte della popolazione è costretta a pagare una tangente per risolvere problemi burocratici e amministrativi. Ma in tutto il continente si stanno rafforzando commissioni e iniziative anti-corruzione per combattere questa metastasi sociale.
Il Cpi nel 2016 ha monitorato 176 paesi ed è realizzato annualmente basandosi sull’opinione di esperti e assegnando una valutazione che va da 0, per i paesi ritenuti “molto corrotti”, a 100, per quelli “per nulla corrotti”.
Sulla base di questo punteggio, l’Africa sub-sahariana ha raggiunto una media generale di 31, confermandosi per l’ennesima volta la regione più corrotta al mondo, dove la maggior parte della popolazione è costretta a pagare una tangente per risolvere problemi burocratici e amministrativi. Da evidenziare, che nella graduatoria il Nord Africa è posizionata terzultima, con un punteggio complessivo di 38.
La metodologia con cui viene stilato l’indice cambia ogni anno, per riuscire a dare uno spaccato sempre più attendibile delle realtà locali, che nel 2016 si delinea in un generale aumento della percezione della corruzione rispetto alla sequenza del 2015. La media globale totalizza un modesto 43 e rivela come il numero dei paesi che hanno perso punti sia superiore rispetto a quelli che ne hanno guadagnati, indicando quanto la corruzione sia diventata endemica in tutto il mondo. Inoltre, nessun paese si avvicina a 100, il massimo punteggio previsto dall’indice.
La graduatoria finale rileva che ben cinque dei dieci paesi più corrotti del mondo sono nel continente africano. La Somalia, con soli dieci punti, detiene l’infausto primato di paese più affetto in assoluto dalla corruzione. La nazione del Corno d’Africa è immediatamente seguita da Sud Sudan, Corea del Nord, Siria, Yemen, Sudan, Libia, Afghanistan e Guinea Bissau. Da segnalare, che in 159esima posizione, insieme ad Haiti, troviamo ben quattro paesi africani: Burundi, Repubblica centrafricana, Ciad e Repubblica del Congo. Mentre alcuni paesi come Nigeria, Tanzania e Kenya, pur avendo migliorato i loro punteggi nel CPI, mostrano ancora evidenti criticità.
L’andamento delle numerose elezioni tenute nel 2016 in tutto il continente africano fornisce una valida riflessione per definire le tendenze di corruzione nella macroregione. Per esempio in Ghana, che ha registrato il secondo peggior decremento nella graduatoria di Trasparency International, lo scorso dicembre gli elettori hanno espresso la loro insoddisfazione contro la dilagante corruzione non rieleggendo John Dramani Mahama. La mancata conferma del presidente uscente, non si era mai verificata prima nella storia del paese africano, che ha manifestato tutto il suo malcontento affidando il governo all’oppositore Nana Akufo-Addo.
Una situazione analoga si è registrata anche in Gambia, dove per quasi 23 anni il presidente uscente Yahya Jammeh ha governato con il pugno di ferro, portando il tessuto economico della piccola nazione africana alla decomposizione, soprattutto a causa della corruzione. Lo scorso primo dicembre, l’istrionico tiranno non è stato rieletto. Dopo sei settimane di braccio di ferro con l’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, dovuto alla sua insistenza nel non voler riconoscere la sconfitta elettorale, il 21 gennaio è stato costretto a lasciare il paese alla volta della Guinea equatoriale.
Nell’indagine condotta dalla ong berlinese, riguardo all’Africa non ci sono però solo casi negativi da segnalare. Tra i paesi subsahariani virtuosi spicca il Botswana, che si è classificato al 35esimo posto, seguito da Capo Verde, Mauritius, Ruanda e Namibia. Mentre Sudafrica e Senegal condividono il settimo posto tra le nazioni meno corrotte nel continente e São Tomé e Príncipe, posizionatasi 62esima, figura tra i paesi che hanno guadagnato un maggior di posizioni nella classifica.
C’è anche da sottolineare, che nonostante la corruzione sia molto diffusa tra i funzionari pubblici africani, nel continente qualcosa sta cambiando. Di fronte all’evidente danno procurato dalla dilagante piaga allo sviluppo dei Paesi, in tutta l’Africa si stanno rafforzando commissioni e iniziative anti-corruzione, come quella portata avanti con estremo impegno da giovani ugandesi.
Senza dimenticare, che l’Unione Africana se non affronta in maniera radicale la corruzione non può promuovere la crescita inclusiva e lo sviluppo sostenibile, prima delle sette aspirazioni dell’Agenda 2063, il piano programmatico lanciato in occasione del cinquantenario dell’organismo di Addis Abeba per estendere una visione di sviluppo del continente per i prossimi cinquant’anni. Per incrementare il contrasto al malaffare, l’organizzazione regionale dovrebbe rafforzare il suo Consiglio esecutivo sulla corruzione, esercitando pressione sui 18 Paesi membri che ancora non hanno ratificato la Convenzione dell’Unione africana sulla prevenzione e la lotta contro la corruzione.