La crisi in Sud Sudan e il dimenticato conflitto del Darfur

Il Rapporto 2016: Sudan, Darfur e altre crisi, realizzato dall’ong Italians for Darfur documenta un netto aggravarsi della crisi in Sud Sudan, colpito da una terribile carestia, e un evidente aumento delle violazioni dei diritti umani e della repressione nella libertà d’informazione in Sudan. L’annuale relazione contiene anche nuove prove che documentano l’uso reiterato di armi chimiche nel dimenticato conflitto del Darfur, che in 14 anni ha provocato più di 300mila morti e oltre due milioni e mezzo di sfollati.

Lo studio monitora anche la situazione nei fronti di conflitto, rilevando la ripresa da agosto 2016 della guerra civile in Sud Sudan, con oltre 2 milioni e 200 mila sfollati e metà della popolazione dipendente dagli aiuti umanitari, ma anche i massicci bombardamenti sui Monti Nuba e nello Stato del Nilo Azzurro. Il report evidenzia che in queste ultime settimane la crisi in Sud Sudan si è ulteriormente aggravata in conseguenza di una terribile carestia che ha portato il paese a dover affrontare livelli di insicurezza alimentare senza precedenti, con 2,8 milioni di persone, quasi il 25% della popolazione, che continua ad avere urgente bisogno di cibo.

La situazione è aggravata dal conflitto in corso dal dicembre 2013, con continui scontri e attacchi, che hanno colpito anche le postazioni delle Nazioni Unite che ospitano gli sfollati. Il più recente degli episodi, lo scorso 18 febbraio, ha registrato un bilancio di 18 vittime e 25 feriti nel campo profughi di Malakal, nella parte settentrionale del Sud Sudan. Una comunicazione riservata dalla missione Onu in Sud Sudan (Unmiss) ha riportato che i soldati dell’Esercito di liberazione nazionale del Sudan (Spla) hanno preso parte all’attacco prendendo di mira gli sfollati, bruciando le tende e saccheggiando le proprietà.

La situazione di instabilità causata dalle violenze ha determinato ulteriori rallentamenti per il supporto alimentare alla popolazione e lo studio, citando un aggiornamento dello Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), evidenzia come la prossima stagione di “magra”, in cui il cibo scarseggia, inizierà presto quest’anno e l’emergenza alimentare sarà più grave degli anni passati.

Il report contiene anche nuove prove, che documentano l’uso di armi chimiche in Darfur, dove da quattordici anni è in corso un conflitto, che ha provocato 300mila morti e oltre due milioni e mezzo di sfollati. Le immagini che comprovano l’utilizzo di armi chimiche contro i civili nell’area di Jebel Marra, che prende il nome dal vulcano simbolo del Darfur, sono state raccolte da Abdel Wahid al Nur, leader del Movimento/esercito di liberazione sudanese (Slm/A) attualmente in esilio in Francia.

Le sconvolgenti immagini, che mostrano civili con ferite terribili provocate da agenti chimici, sono state esibite a Roma durante un’audizione presso la Commissione diritti umani del Senato, dove la settimana sorsa è stato presentato il rapporto. Le testimonianze raccolte riportano che in conseguenza degli attacchi chimici molti dei sopravvissuti sono rimasti sfigurati, con la pelle scorticata piena di pustole, ulcere, vesciche e alcuni di essi subiscono il protrarsi di una lenta agonia, mentre altri hanno perso la vista e presentano gravi problemi respiratori.

Lo scorso aprile, Italians for Darfur aveva già denunciato i primi episodi, poi confermati a settembre da un rapporto di Amnesty International, che rivelava come almeno 250 civili, tra cui molti bambini, sono stati uccisi durante una trentina di attacchi chimici nel 2016. La documentazione di questi crimini di guerra è risultata estremamente difficoltosa poiché nell’ultimo anno nessun giornalista, attivista o operatore umanitario ha potuto svolgere ricerche sul campo.

La regione, controllata dai ribelli dell’Slm/A, dal 2003 è in guerra con il governo centrale ed è assediata dalle forze armate sudanesi, che dall’inizio del 2016 hanno lanciato un’offensiva su larga scala intensificando gli attacchi. Sempre nella zona del Jebel Marra, anche nel 2017, in almeno tre episodi sarebbero stati sganciati agenti chimici contenuti in bombe aeree e razzi. Nella maggior parte dei 171 villaggi colpiti però vi erano solo civili inermi e non si registrava la presenza di ribelli armati.

Oltre un centinaio di questi villaggi sono stati completamente distrutti, e più di 50mila persone sono state costrette a fuggire. Alcune si sono rifugiate nelle grotte sulle montagne di Marra, mentre altre sono state portate nei campi profughi. Contestualmente, il conflitto in Darfur si è ulteriormente intensificato, propagandosi nella zona di Abyei, nel Kordofan del Sud e nel Nilo Azzurro, spingendo centinaia di migliaia di civili a fuggire anche da queste aree.

Le Nazioni Unite stimano che siano almeno 34mila i civili in disperato bisogno di assistenza umanitaria in quest’area del Darfur. Tuttavia, la crisi resta grave in tutta la regione dove soltanto nell’ultimo anno ci sono stati più di 600mila nuovi sfollati.

Categorie: Conflitti, Crisi umanitarie | Lascia un commento

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