L’attacco al resort in Mali era stato previsto dagli Usa

L’attacco di ieri pomeriggio contro il resort Le Campement de Kangaba, non è ancora stato rivendicato, ma le autorità locali sono convinte sulla matrice jihadista. L’ipotesi sarebbe ulteriormente avvalorata anche dal fatto che, lo scorso 9 giugno, sul sito dell’ambasciata americana in Mali era comparso un avviso di «crescenti minacce di attacchi contro missioni occidentali diplomatiche, luoghi di culto e altri posti di Bamako frequentati da turisti».

Almeno due persone sono state uccise e quattordici ferite, nel corso di un attacco a una popolare località turistica alla periferia est della capitale del Mali, Bamako. Tutto è cominciato ieri alle 18,30 ora italiana (16,30 ora locale), quando cinque terroristi hanno preso d’assalto il lussuoso resort “Le Campement de Kangaba”nel quartiere Yirimadjo vicino Dougourakoro, una località frequentata da alti funzionari stranieri e turisti occidentali, soprattutto durante il fine settimana.

Le forze speciali maliane affiancate da reparti francesi della forza antiterrorismo Barkhane, di stanza nel paese africano, sono intervenute immediatamente liberando i 32 ospiti della struttura presi in ostaggio e uccidendo cinque miliziani coinvolti nell’assalto. L’operazione è durata tutta la notte e uno degli estremisti, dopo essere stato ferito è riuscito a fuggire, abbandonando un fucile mitragliatore e sei bottiglie incendiarie. Le due vittime accertate sono un franco-gabonese e un’altra persona la cui nazionalità non è stata ancora resa nota.

Il warning dell’ambasciata Usa

L’attacco non è ancora stato rivendicato, ma già nella serata di ieri le autorità locali hanno parlato di attentato terroristico di matrice jihadista. L’ipotesi sarebbe avvalorata anche dal fatto che, lo scorso 9 giugno, sul sito dell’ambasciata americana in Mali era comparso un warning di “crescenti minacce di attacchi contro missioni occidentali diplomatiche, luoghi di culto e altri posti di Bamako frequentati da turisti”.

Inoltre, sabato sera, cinque soldati maliani sono stati uccisi e otto feriti durante un attentato terroristico alla base militare di Bintagoungou, situata a circa 80 chilometri da Timbuctu, nel nord del paese. Gli attacchi che colpiscono le forze militari nazionali e internazionali di stanza nel paese sono quasi all’ordine del giorno e finora hanno provocato 17 vittime tra i militari francesi. Senza dimenticare che ad oggi, la missione delle Nazioni unite in Mali (Minusma) è in assoluto la più letale per i caschi blu.

La crescente instabilità ha portato lo scorso anno il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a votare all’unanimità la risoluzione che rinnova e rafforza il mandato della Minusma. La risoluzione approvata dall’organo esecutivo delle Nazioni Unite prevede un aumento degli effettivi da 12mila a 14.500 e un mandato più “offensivo” per la missione, che sarà autorizzata ad agire in maniera attiva in caso di minaccia asimmetrica.

Alberghi e resort nel mirino dei terroristi

Non è la prima volta che alberghi e resort in Mali finiscono nel mirino del terrorismo islamico. Nel marzo 2015 era finito sotto attacco il bar-ristorante La Terrasse, con un bilancio di cinque morti, tra i quali due stranieri. Un attacco ancora più sanguinoso fu operato il 20 novembre 2015, quando una settimana esatta dopo gli attacchi di Parigi fu assaltato l’Hotel Radisson Blu, uno dei più esclusivi di Bamako, dove persero la vita venti perone e 170 sono rimasero ferite.

Dopo l’attacco al Radisson Blu, in Mali è entrato in vigore lo stato di emergenza, rinnovato più volte, l’ultima delle quali nel mese di aprile, quando è stato prorogato di sei mesi. L’ultimo attentato risale al marzo 2016, quando è stato preso di mira l’Hotel Nord-Sud di Bamako, trasformato in base per la missione di addestramento militare dell’Unione europea nel paese (Eutm-Mali). Nel corso dell’azione un attentatore era stato ucciso dalle forze di sicurezza ma non ci sono state altre vittime.

Entrambe gli attentati del 2015 furono rivendicati da Aqmi, al Qaeda nel Maghreb islamico, che aveva agito in coordinamento con il gruppo jihadista guidato dal terrorista algerino Mokhtar Belmokhtar, al-Morabitun, lo stesso che lo scorso 2 marzo si è fuso nel Jama’at Nusrat al-Islam wal Muslimeen – Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani (Gsim).

Nella nuova sigla, oltre ad al-Morabitun, sono confluiti i principali gruppi jihadisti saheliani legati ad al Qaeda nel Maghreb islamico: i mujaheddin dell’Emirato del Sahara, Ansar Dine e i suoi affiliati del Fronte di Liberazione della Macina. Alcuni analisti hanno letto la volontà di riunirsi in un unico cartello dei gruppi filo-qaedisti attivi nel Sahel come una risposta di Aqmi al progressivo indebolimento dell’influenza dello Stato islamico nella regione. Altri, invece, ritengono che sia stata concepita specialmente per formalizzare i legami e le relazioni, che esistono tra questi gruppi e risalgono al culmine della crisi del Mali, tra aprile 2012 e gennaio 2013.

Fu durante questi nove mesi che Aqmi, Ansar Dine e il Movimento per l’unità e il Jihad in Africa Occidentale (Mujao) presero pieno potere delle operazioni militari e puntarono su Bamako per imporsi su tutto il paese, provocando la reazione militare dei francesi, che dopo più di quattro anni non sono ancora riusciti ad arginare la minaccia jihadista in Mali.

Categorie: Terrorismo | Tag: , | Lascia un commento

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