Chi sono i sanguinari terroristi di al-Shabaab

Con altissima probabiltà, sabato scorso a Mogadiscio hanno compiuto il più grave attentato terroristico mai avvenuto in Somalia. Sono affiliati dal 2012 ad al Qaeda e una parte minoritaria due anni fa ha aderito allo Stato Islamico. Hanno seminato morte e terrore anche in Kenya, Uganda, Etiopia e Gibuti. L’anno scorso sono diventati il gruppo jihadista più letale di tutta l’Africa. Ma chi sono e cosa vogliono gli estremisti islamici di al-Shabaab?

Un articolo pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian riporta la dichiarazione di alcuni funzionari della sicurezza somali, secondo cui un elemento della cellula che ha lanciato l’attacco Mogadiscio, arrestato sabato scorso durante il tentativo di far saltare in aria un secondo veicolo pieno di esplosivo, ha affermato che il gruppo islamista è responsabile del massacro.

Le origini del gruppo

Per raccontare la storia del movimento Harakat al-Shabaab al-Mujahiddin dobbiamo  tornare all’inizio di giugno 2006, quando l’Unione delle Corti islamiche, con l’appoggio della popolazione di Mogadiscio, assunse il controllo della capitale somala e pose fine al dominio dei brutali signori della guerra. Al-Shabaab, che in arabo significa “la gioventù”, si sviluppò in questo periodo, come la fazione islamista più giovane, disciplinata e radicale della Somalia. Il gruppo estremista si affermò durante la muqaawama, la resistenza alle truppe etiopi che alla fine del 2006 avevano invaso la Somalia per sostenere il Governo federale di transizione (Gtf) somalo.

Al-Shabaab cominciò ad acquisire spessore un forte consenso popolare, tanto che dopo l’uscita di scena delle Corti islamiche, diventò il gruppo armato più strutturato e influente di tutta la Somalia. Nel tempo, gli islamisti somali hanno stabilito un saldo legame con al Qaeda. Uno dei primi leader spirituali del  movimento, Sheikh Hassan Dahir Aweys ex capo della Shura delle Corti islamiche, aveva contatti con i membri di spicco della cellula di al Qaeda in Africa orientale (quella che il 7 agosto 1998 realizzò il duplice attacco alle ambasciate americane di Nairobi e Dar es Salaam).

L’unione che al Qaeda stabilisce con al-Shabaab risale ad almeno tre anni prima dell’affiliazione ufficiale del gruppo somalo, avvenuta il 9 febbraio 2012. Da diverso tempo, gli estremisti somali avevano intrapreso una stretta collaborazione con la rete jihadista, ma la fusione si concretizzò solo dopo la morte di Osama bin Laden, che in alcune lettere ritrovate nel suo covo di Abottabad chiedeva a Ahmed Abdi Godane, l’allora leader del movimento somalo, di tenere segreta l’affiliazione.

Gli attentati in Kenya

Dopo aver ufficializzato la sua affiliazione ad al Qaeda, al-Shabaab ha compiuto attacchi sanguinosi anche in Kenya. Nel settembre 2013, ha drammaticamente conquistato la ribalta della cronaca internazionale, rivendicando il sanguinoso attentato al centro commerciale NakumattWestgate di Nairobi, dove per ottanta ore dieci terroristi somali tennero in ostaggiocentinaia di persone. Il bilancio finale fu di 67 morti, tra le quali anche numerosi turisti di tredici diverse nazionalità, e 175 feriti.

Ancora più micidiale l’attentato del 2 aprile 2015, in Kenya, dove un manipolo di terroristi fece irruzione all’interno della North-Eastern Garissa University, situata a soli 150 chilometri dal confine con la Somalia. L’azione si è conclusa con un bilancio pesantissimo in termini di vite umane: 147 morti e 79 feriti, per la maggior parte studenti che frequentavano il Campus. Molto clamore suscitò anche l’agguato portato a compimento il 22 novembre 2014, in Kenya, nella zona di Mandera, situata quasi sulla linea di confine con la Somalia, dove in un efferato attacco contro un autobus i terroristi somali hanno ucciso a sangue freddo 28 persone.

Nel corso dell’azione i fanatici islamisti hanno dimostrato una particolare ferocia costringendo tutti i passeggeri del bus a scendere per poi dividerli in due gruppi: somali e non somali, obbligando quest’ultimi a leggere versetti del Corano e quelli che non erano in grado di farlo sono stati giustiziati all’istante.

Gli assalti allo shopping center di Nairobi e all’Università di Garissa sono stati preceduti e seguiti da una lunga serie di attentati, compiuti dal movimento jihadista anche al di fuori dei confini somali. Oltre ad aver colpito ripetutamente in Kenya, i miliziani somali hanno anche attaccato più volte in Uganda, mentre in passato, anche Etiopia e Gibuti sono state teatro di attentati rivendicati da al-Shabaab.

Il più letale gruppo jihadista di tutta l’Africa

Secondo i dati resi noti alla fine di aprile 2017 dall’Africa Center for Strategic Studies di Washington, nel 2016, al-Shabaab è diventato il più letale gruppo jihadista in Africa, con 4.281 persone uccise, superando i 3.499 decessi provocati da BokoHaram, che dal 2012 al 2015 era stato il movimento islamista che aveva ucciso più persone nel continente.

La capacità di al-Shabaab di seminare morte e distruzione, trova conferma nel elevatissimo numero di attacchi che negli ultimi tre anni i jihadisti somali hanno sferrato contro obiettivi situati presso aree di alto profilo di Mogadiscio, tra cui alberghi frequentati da stranieri, posti di blocco militari e le aree vicino al palazzo presidenziale. Il gruppo ha intensificato l’attività, dopo che il governo del nuovo presidente Mohamed Abdullahi Mohamed “Farmajo” ha lanciato una nuova offensiva militare.

Lo Stato Islamico infiltra al-Shabaab

Nell’ottobre 2015, uno dei leader spirituali del gruppo AbdulQadirMumin, apparve in un video diffuso su Internet insieme a una ventina di fedelissimi del clan dei Majerteen, proclamando la scissione da al-Shabaab e giurando sottomissione al califfo Abu Bakral-Baghdadi. L’adesione allo Stato Islamico produsse una frattura all’interno del movimento e indusse Ahmad Umar (conosciuto anche come Abu Ubaidah), l’intransigente attuale leader di al-Shabaab rimasto fedele ad al-Qaeda, a porre una taglia sulla testa di Mumin, che insieme ai suoi seguaci aveva trovato rifugio nella zona montuosa di Galgala nel Puntland.

Proprio in questa regione, l’ideologo sunnita istituisce il ramo somalo dell’Isis, che nei mesi successivi allestisce un campo di addestramento e forma le sue prime unità. Poi, alla fine dell’agosto 2016, Mumin è stato inserito dal Dipartimento di Stato Usa nella lista dei terroristi che costituiscono una seria minaccia terroristica globale e diventaun potenziale bersaglio di un attacco con droni.

Nel maggio scorso, il suo gruppo ha operato un ulteriore salto di qualità con un attacco suicida, nell’intento di elevare la minaccia in Puntaland e di assumere un ruolo di maggiore rilevanza nel panorama dell’estremismo jihadista regionale, nel quale ha ormai rivelato un potenziale sufficiente per costituire un serio pericolo.

Povertà ed emarginazione favoriscono i jihadisti somali

Lo scorso febbraio, i ricercatori dell’Istituto per la Giustizia e la Riconciliazione di Città del Capo e della Georgetown University di Washington, con il supporto del Life & Peace Institute di Nairobi, hanno realizzato uno studio congiunto per indagare sulle motivazioni che spingono i giovani a unirsi ad al-Shabaab.

I risultati della ricerca indicano che non esiste un percorso univoco che conduce i giovani all’estremismo radicale. Secondo gli analisti, la scelta estrema è innescata da complessi processi psico-sociali, che sfociano in derive imprevedibili nella fascia più giovane della popolazione.

Dalla ricerca emerge che molteplici fattori hanno originato l’avvicinamento dei giovani all’estremismo radicale violento dei jihadisti somali. Tra questi figurano povertà, corruzione, disoccupazione, emarginazione sociale, proliferazione delle bande criminali, violazioni dei diritti umani, ma anche il fallimento del governo nel garantire alla popolazione i servizi primari. Mentre la religione avrebbe avuto scarsissima influenza sulla decisione di seguire al-Shabaab.

Categorie: Terrorismo | Lascia un commento

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