Migrazione rurale: la Fao realizza il primo atlante africano

La Fao (l’organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura) ha realizzato il primo atlante della migrazione rurale in Africa sub-sahariana per approfondire un fenomeno sempre più pressante. Con l’ausilio di 12 infografiche, lo studio esamina le dinamiche della migrazione regionale avvalendosi di venti esperti. Nelle conclusioni emerge che la maggior parte dei migranti si sposta all’interno dei confini nazionali o nei paesi limitrofi.

Lo studio, realizzato con la collaborazione del Centro di ricerca agricolo per lo sviluppo Internazionale di Parigi (Cirad) e il sostegno tecnico del Centre for the Study of Governance Innovation (GovInn) di Pretoria, si avvale del contributo di venti autori appartenenti a vari istituti di ricerca universitari, organizzazioni internazionali e centri studi specializzati sull’argomento.

Il rapporto evidenzia le differenze sostanziali tra i flussi migratori provenienti dal Nord Africa e dall’Africa sub-sahariana, spiegando che mentre nel primo caso la grande maggioranza dei migranti attraversa il continente per raggiungere l’Europa, i migranti provenienti dalla vasta regione a sud del Sahara tendono principalmente a spostarsi nei paesi vicini o all’interno della regione.

Viene anche sottolineato che la migrazione oltre le coste africane è costantemente sotto i riflettori e genera accese discussioni in tutto il mondo, ma è un dato di fatto che nell’area sub-sahariana i migranti si spostano in prevalenza all’interno del continente.

L’atlante indica che in termini relativi, negli ultimi venti anni, i tassi di migrazione in Africa sono rimasti stabili intorno al 2%. Tuttavia, la transizione demografica nella regione ha prodotto una crescita senza precedenti della popolazione, che in un’area prevalentemente rurale ha causato una massiccia espansione della forza lavoro, con circa 220 milioni di giovani che nei prossimi quindici annientreranno nell’età lavorativa. Tale espansione ha innalzato le difficoltà della ricerca di un lavoro e nel corso del 2015 ha determinato un flusso di 16 milioni di migranti intra-africani.

Da ciò è facile dedurre che l’Africa sub-Sahariana «è in movimento», ma principalmente all’interno del continente. Nello specifico, l’Africa occidentale e orientale sono le regioni più dinamiche con rispettivamente circa 5,7 milioni e 3,6 milioni di migranti intra-regionali nel 2015.

I dati a disposizione nello studio fotografano anche gli spostamenti all’interno dei singoli paesi, rilevando che la metà dei migranti del Kenya e del Senegal si muovono all’interno delle frontiere nazionali, mentre in Nigeria e in Uganda, la migrazione nel paese è pari all’80%. Dati che avvalorano le stime globali, che indicano come il numero di persone che si spostano all´interno dei loro paesi sia sei volte superiore a quello degli emigranti.

La prima delle tre sezioni in cui è diviso il rapporto fornisce un profilo standard di chi sono e da dove provengono i migranti rurali. Le stime prodotte indicano che sono per lo più giovani e la maggioranza viene da famiglie agricole. Circa il 60% sono in età compresa tra i 15 ei 34 anni e la maggior parte sono uomini; tuttavia in alcuni paesi come il Mozambico, la Repubblica Democratica del Congo e il Burkina, le donne costituiscono la maggioranza di coloro che migrano.

Il tasso di scolarizzazione è più basso rispetto a quello dei migranti urbani, tuttavia molti dei migranti rurali tendono ad approfondire il loro livello di istruzione rispetto a chi decide di non emigrare. La seconda sezione dell’atlante esamina i driver della migrazione rurale con un focus sulle dinamiche regionali del fenomeno in Africa occidentale, Zambia, Senegal, Sudafrica e Madagascar.

La terza sezione evidenzia la complessità della migrazione rurale e le interconnessioni fra i fattori chiave che la determinano, come il cambiamento climatico al quale l’Africa sub-sahariana è particolarmente vulnerabile. Una fragilità che trae origine dal fatto che la quasi totalità della produzione agricola è alimentata dalla pioggia, cui va aggiunta una limitata capacità economica e istituzionale di adattarsi agli impatti climatici.

A riguardo, le stime degli studiosi indicano che le regioni tropicali sperimenteranno la perdita di grano e di mais come conseguenza anche di piccole variazioni di temperatura. Le perdite produttive per i cereali principali si stimano intorno al 20% entro il 2050, se non verranno prese misure per attenuare gli effetti del climate change.

E riflettendo sull’ineluttabile legame tra cambiamento climatico e migrazioni rurali, lo studio ricorda che sebbene le componentiambientali possono influenzare la migrazione, la decisione di migrare è ancora in gran partedeterminata da fattori sociali, economici e politici.

Articolo pubblicato su Nigrizia.it

Categorie: Agricoltura, Immigrazione | Lascia un commento

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