La casa del fondatore di Boko Haram diventerà un museo

Mohammed YusufIl commissario per gli Affari interni dello stato di Borno ha annunciato che la casa di Mohammed Yusuf, guida spirituale e fondatore della setta islamista Boko Haram, sarà trasformata in un museo dove verranno archiviati tutti i documenti relativi all’insurrezione del 2009. L’iniziativa sarà anche utile per conoscere la vera storia del primo leader di Boko Haram e le origini ideologiche del più letale gruppo terroristico dell’Africa occidentale.

Il commissario per gli Affari interni, l’informazione e la cultura del governo dello stato di Borno, Mohammed Bulama, ha dato l’annuncio a margine del IX Consiglio nazionale per la cultura, il turismo e l’orientamento nazionale tenuto a Dutse, nello stato di Jigaw. Bulama ha spiegato che «la casa museo di Maarcas avrà la funzione di archivio di tutti i documenti relativi all’insurrezione di Boko Haram del 2009. La raccolta servirà sia per attirare turisti, sia come testimonianza diretta per mantenere vivo tra le generazioni future il ricordo del terrore seminato dal gruppo estremista islamico».

L’iniziativa sarà anche utile per conoscere la vera storia del primo, carismatico leader di Boko Haram e delle origini ideologiche del più letale gruppo terroristico dell’Africa occidentale, senza le quali non è possibile capire l’evoluzione del gruppo negli ultimi otto anni.

Per comprendere meglio cosa ospiterà la casa museo è importante sapere che Mohammed Yusuf nacque nel gennaio 1970 a Jakusko, nello stato di Yobe, dove abbandonò presto la scuola e ricevette l’istruzione islamica da suo padre. Il giovane Yusuf fu avviato all’esegesi coranica da eminenti insegnanti in Nigeria, Ciad e Niger. Nel 2002, all’epoca della nascita di Boko Haram, Yusuf era alla guida della setta Sahaba, emanazione diretta della Yan Tatsine, basata sulla dottrina del suo fondatore, il predicatore fondamentalista camerunense Mohammed Marwa (1927-1980).

L’ideologia di Marwa, che per il suo modo cruento e offensivo di predicare fu soprannominato Maitatsine, che in lingua hausa significa “colui che maledice”, perseguiva l’intento di istituire una società basata sulla sua visione radicale dell’islam, che rifiutava l’educazione e gli aspetti dello stile di vita occidentale, a causa della loro natura corruttiva. Esattamente quello che si prefigge oggi Boko Haram.

Dopo la morte di Mohammed Marwa, la setta venne messa al bando dal governo nigeriano e i suoi seguaci si rifugiano in Camerun. La Yan Tatsine tornò a manifestare la sua influenza nel 1995, quando sotto la guida di Yusuf cambiò il suo nome in Sahaba. Col passare del tempo Sahaba tornò gradualmente a insediarsi e proliferare nella parte nord-orientale della Nigeria, fino al 2002, quando Yusuf decise di porre fine alla lunga esperienza, per dare origine al Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad, cioè persone impegnate per la propagazione degli insegnamenti del profeta e per il jihad.

Il gruppo, meglio noto come Boko Haram, inizialmente perseguì scopi umanitari e concentrò la sua attività negli Stati di Borno e di Yobe. Le premesse per la metamorfosi da organizzazione caritatevole a formazione terroristica jihadista furono avviate nel 2009, quando Yusuf pubblicò il testo Hadhihi Aqidatuna wa Minhaju Da’awatuna, cioè ‘Il nostro credo e la metodologia della propagazione della nostra dottrina’.

Il libro propugna un ritorno all’epoca incontaminata dell’islam, in cui il Corano, la dottrina sunnita e gli hadith sono gli unici principi guida per i musulmani. Lo scritto respinge la democrazia, le istituzioni secolari e le forme di governo occidentali, perseguendo la graduale istituzione di un immaginario Stato islamico.

È sulla base di questa visione del mondo, che nel luglio 2009 scoppiò l’insurrezione di Boko Haram, repressa violentemente dalle forze di sicurezza governative che arrestarono Yusuf, suo suocero Alhaji Baba Fugu e diversi altri membri della setta. Yusuf fu ucciso insieme a tutti gli altri due giorni dopo la sua cattura, probabilmente durante un tentativo di evasione dalla prigione. Ed è stato sulla scia della rivolta, che nel settembre 2010, Boko Haram compì la sua prima azione attaccando in forze il carcere di Bauchi e liberando 721 dei 759 detenuti reclusi nella prigione.

La setta entrò così in aperto contrasto con il governo centrale di Abuja nell’intento di trasformare tutta la Nigeria in uno Stato islamico senza cristiani, dove imporre la sharia. Da quel momento, gli attacchi diventano gradualmente più letali e sofisticati, in particolare grazie all’impiego di esplosivi.

Oggi Boko Haram è in difficoltà sotto l’offensiva della forza multinazionale congiunta Mnjtf ed è indebolito dalle lotte di potere intestine, che ne hanno minato gli equilibri. Tuttavia, negli ultimi mesi il gruppo estremista ha mostrato segni di ripresa, lanciando una serie di attacchi mortali nel nord-est. Incluso quello dello scorso 21 novembre nella moschea di Kunu Araha, nello stato di Adamawa, al confine con il Camerun, dove un kamikaze 17enne ha ucciso più di 50 persone.

Intanto, l’eredità ideologica di Marwa e Yusuf continua a diffondersi nella regione, dove i leader delle sette islamiche come Aljana Tabbas (“il paradiso è certo”), anche se non ordinano massacri come quelli di Boko Haram, predicano che “un musulmano non deve stringere la mano a un cristiano”.

In un contesto complesso come questo è difficile che la deriva islamista nel nord-est possa essere arginata con l’apertura di una casa museo, che sembra essere solo un palliativo nell’attesa che il governo federale cominci a occuparsi dello sviluppo economico della regione.

Articolo pubblicato su Nigrizia.it

Categorie: Terrorismo | Lascia un commento

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