Un nuovo rapporto congiunto realizzato da due organismi delle Nazioni Unite fotografa l’allarmante situazione dei diritti umani e il clima di diffusa violenza in Mali, dove diventa sempre più difficile l’attuazione degli accordi di pace finalizzati nel giugno 2015 ad Algeri. Tra gennaio 2016 e giugno 2017, la relazione ha documentato 1.428 casi di abusi e violenze, in cui sono state uccise 441 persone, per la maggior parte uomini e bambini.
«Nel nord e centro del Mali i civili continuano a vivere in un clima di perdurante instabilità e di mancanza di rispetto dei diritti umani, mentre i gruppi armati collegati ad al-Qaeda nel Maghreb islamico hanno realizzato numerosi attacchi contro obiettivi militari, riuscendo a spingersi più a sud».
Questa, in breve, la situazione descritta nel nuovo rapporto, realizzato dalla Missione multidimensionale integrata di stabilizzazione delle Nazioni Unite in Mali (Minusma) e dall’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), che evidenzia come la preoccupante situazione dei diritti umani e di diffusa violenza nel paese, stiano rendendo estremamente difficoltosa l’attuazione degli accordi di pace tra il governo e gli ex ribelli tuareg del Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (Cma), finalizzati nel giugno 2015 ad Algeri.
La relazione ha monitorato il periodo intermedio seguente all’intesa di Algeri, rilevando che tra gennaio 2016 e giugno 2017 sono stati registrati 608 casi di violazioni di diritti umani. Nello stesso arco di tempo, sono stati commessi più di 820 episodi violenti, che complessivamente hanno colpito oltre 1.235 persone, 255 delle quali sono rimaste uccise e 284 ferite.
Lo studio congiunto ha quindi documentato in totale 1.428 casi di violazioni dei diritti umani e violenze, che hanno messo a rischio la vita dei civili nelle regioni settentrionali e centrali del Mali e nel distretto di Bamako. Nel complesso, questo cospicuo numero di abusi e atti violenti ha coinvolto 2.716 persone, 441 delle quali hanno perso a vita. La stragrande maggioranza delle vittime erano uomini e bambini.
Va anche notato, che il 57% di queste violenze sono state compiute da elementi armati non identificati e il 21% da jihadisti appartenenti ad al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) o dai suoi affiliati del Jama’at Nusrat al-Islam wal Muslimeen (Gsim).
Le forze di sicurezza maliane e altre strutture governative sono state coinvolte nel 20% di questi episodi, mentre gli effettivi delle missioni internazionali Barkhane e Minusma si sono resi responsabili del 2% delle violazioni e delle azioni violente.
Il rapporto evidenzia che i principali fattori che hanno portato alle 1.428 violazioni rilevate nei 18 mesi esaminati, includono gli scontri tra i combattenti filo-governativi e gli ex ribelli del Cma nella contesa regione di Kidal, nel nord-est del Mali; l’espansione delle attività terroristiche di Aqmi e del Gsim; le operazioni di antiterrorismo condotte dalle forze di sicurezza di Bamako; oltre all’aumento delle rapine a mano armata e altri reati violenti nelle regioni centrali del paese.
Uno degli aspetti che destano maggiore preoccupazione è che tutti questi episodi si sono verificati durante una fase di transizione, pianificata proprio per gettare le basi per la pacificazione e l’unificazione del paese.
In questo contesto, la Divisione “diritti umani e protezione” della Minusma ha lavorato con le autorità locali e i movimenti armati del Mali sulle questioni relative all’attuazione dell’accordo di pace, in particolare sulle detenzioni connesse ai conflitti. A riguardo, la Divisione ha monitorato le violazioni dei diritti umani commesse contro le persone arrestate nel contesto di operazioni antiterrorismo.
Il report evidenzia anche i progressi compiuti nel settore della giustizia transitoria, con l’istituzione della Commissione verità, giustizia e riconciliazione.
Infine, pone in evidenza la questione della lotta contro l’impunità, uno degli elementi cardine del processo di pace, comprese le procedure giudiziarie relative alle violenze commessi da movimenti armati tra il 2012 e il 2013, nonché quelle relative agli abusi compiuti dalle forze di sicurezza maliane.
Del resto, se i colpevoli di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario non venissero chiamati a risponderne, sarebbe un disastro per un paese che sta ancora pagando le decime di un conflitto che ha causato orribili violenze nelle sue regioni settentrionali e centrali.
Articolo pubblicato su Nigrizia.it