La cosiddetta zona dei tre confini tra Mali, Burkina Faso e Niger, sta diventando sempre più instabile sotto la minaccia dei gruppi fedeli ad al-Qaida, riunitisi sotto la sigla Jama’at Nusrat al-Islam wal Muslimeen. L’insicurezza nell’area è alimentata anche dalla presenza dello Stato islamico nel Grande Sahara, guidato dall’emiro Adnan Abu al-Walid al-Sahrawi, che negli ultimi mesi si è più volte scontrato con gli ex ribelli dell’alleanza tuareg.
Quest’ultimo gruppo, che cerca di estendere l’influenza dell’ex Califfato nel Sahel, negli ultimi mesi si è più volte scontrato con gli ex ribelli del Movimento per la salvezza dell’Azawad e del Gruppo di autodifesa tuareg Imghad e alleati (Gatia), due formazioni tuareg contrarie all’attuazione del processo di pace avviato nel giugno 2015 tra il governo di Bamako e il Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (Cma).
Come testimonia la dichiarazione congiunta pubblicata sulla pagina Facebook del Gatia, gli ultimi combattimenti contro il gruppo di al-Sahrawi si sono registrati la settimana scorsa nell’area di Tinzouragan e In-Delimane, situata nella regione settentrionale maliana di Gao vicino ai confini nigerini. L’alleanza tuareg ha riferito di aver ucciso cinque jihadisti, tra i quali Djibo Hamma, uno dei comandanti dell’emanazione del Gruppo Stato islamico nel Sahara. Alla base di tali scontri, oltre all’atavica rivalità tra tuareg e peul (o fulani), c’è il controllo dei traffici di droga, armi e migranti in transito nel nord del Mali e il dominio dei territori abbandonati da governo di Bamako…
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