A Londra è appena terminato l’Afsic, il più importante evento europeo per investire in Africa, che ha richiamato nella capitale inglese centinaia tra capitani d’azienda, investitori e imprenditori provenienti da trenta paesi del continente. La massiccia partecipazione testimonia quanto sia privilegiata la relazione che lega l’Africa al Regno Unito. Ma dopo l’avvio ufficiale della Brexit i rapporti tra i due blocchi sono destinati a ridursi: ecco perché.
Dal 2 al 4 maggio scorsi dirigenti di aziende leader dell’Africa, insieme a centinaia di investitori e imprenditori provenienti da trenta paesi africani si sono riuniti a Londra per partecipare alla sesta edizione dell’Afsic, il più importante evento a livello europeo per investire nel continente, che si svolge ogni anno nella capitale inglese. nUn appuntamento di tale portata conferma che Londra rappresenta ancora un polo finanziario di primaria importanza per l’Africa, che ha mantenuto saldi legami economici con il Regno Unito anche dopo il colonialismo.
La metropoli britannica è in cima alla lista delle città dove è possibile raccogliere fondi per realizzare progetti in ogni settore e di tutte le dimensioni, oltre ad essere la sede di molte società specializzate nella canalizzazione degli investimenti nel continente che hanno consentito l’afflusso di miliardi di dollari nei mercati africani. Il rapporto speciale tra Regno Unito e Africa non si è costruito solo sulla leadership della City nella finanza globale, ma anche sui legami educativi e linguistici che ancora uniscono i due blocchi.
Tuttavia, questa relazione privilegiata a livello economico si è riequilibrata per l’emergere di forti economie africane e a causa della prorompente espansione dell’influenza cinese in tutto il continente. Inoltre, gli scambi commerciali dell’Africa con il Regno Unito rappresentano un esiguo 5% del commercio totale del continente.
Sullo sfondo si staglia anche un altro elemento che potrebbe indebolire le relazioni afro-britanniche: la Brexit, nonostante molti politici inglesi ritengano che i legami commerciali e culturali con il Commonwealth, Africa compresa, saranno rafforzati dopo il 29 marzo 2019, giorno in cui il Regno Unito uscirà ufficialmente dall’Unione europea.
Una convinzione basata sull’assunto che il governo britannico sarà improvvisamente libero di dare vita alla narrazione della “Gran Bretagna globale”, secondo cui la nazione, dopo aver spezzato le catene con l’Ue, potrà rinvigorire i legami con le sue ex colonie. Ma una simile prospettiva si basa su una visione obsoleta della geopolitica e delle priorità moderne delle economie africane.
La retorica della Gran Bretagna globale o peggio ancora l’idea di creare un nuovo impero economico di stampo neocoloniale – chiamato Empire 2.0 – si basa sulla concezione delle nazioni africane e del Commonwealth come partner subordinati, pronti a cogliere la minima occasione per stringere legami più stretti con il Regno Unito.
Ma le economie leader dell’Africa adesso guardano con occhi diversi le relazioni commerciali con la Gran Bretagna, soprattutto dopo l’avvio ufficiale della Brexit, che favorirà l’avversione al rischio finanziario ed inciderà significativamente sulla capitalizzazione delle numerose società africane quotate a Paternoster Row.
Sono le stesse società che si trovano di fronte alla prospettiva di perdere l’accesso al mercato unico, poiché fin dai primi anni Novanta molte di esse hanno utilizzato il Regno Unito come canale chiave per l’Europa. Senza contare che paesi con legami particolarmente stretti con il Regno Unito, come il Sudafrica, molto probabilmente registreranno un significativo calo dell’export.
Tutto questo significa che l’importanza di Londra per l’Africa è destinata a ridursi. Nessun avveduto fautore della Brexit può infatti sostenere che la città sarà favorita da un accesso ridotto ai mercati dell’Ue o che le banche e le compagnie di assicurazione con sede nella City trarranno giovamento dalla perdita dei diritti concessi dal passaporto finanziario europeo.
Senza dimenticare che dalla capitale inglese saranno eliminate le principali agenzie dell’Ue, compresa l’Autorità bancaria europea. Ciò, implica che gli uomini d’affari africani avranno molte meno ragioni per venire a Londra e più motivazioni per andare a Parigi, Francoforte, Dubai e soprattutto a Shangai.
Infine, ci sarà anche da prendere in considerazione gli effetti della Brexit sull’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps), tenuto conto che la Gran Bretagna nel 2016 ha devoluto 13,4 miliardi di sterline agli Aps, pari a circa un quinto del totale erogato dall’Ue e il secondo maggior contributo a livello globale dopo gli Stati Uniti. Dopo la sua definitiva dipartita da Bruxelles, sarà determinante capire dove il Regno Unito destinerà tutto questo denaro, che potrebbe drasticamente ridursi se deciderà di spostare verso il basso i temi dello sviluppo nella sua agenda politica.
Se la Gran Bretagna post-Brexit non avrà una visione oculata del suo nuovo e più limitato spazio nel mondo, per i paesi dell’Africa sarà molto problematico considerarla un partner affidabile e sarà altrettanto difficile che in un prossimo futuro l’Afsic richiami a Londra centinaia di imprenditori e alti dirigenti d’azienda africani.
Articolo pubblicato su Nigrizia.it