Lotta a Boko Haram: gli ulema ignorati dal governo

Il Supremo consiglio per la shari’a in Nigeria (Scsn), punto di riferimento delle comunità islamiche del paese, ha denunciato di essere stato immotivatamente escluso dal programma di de-radicalizzazione e di riabilitazione dei miliziani Boko Haram pentiti. E rivendica anche l’importanza del ruolo degli ulema nel contrastare l’insorgenza jihadista e il recupero degli ex combattenti. Ma ancora nessun segnale da parte del governo.

Mentre il gruppo terroristico Boko Haram continua ad agire in Nigeria e nei paesi confinanti, come dimostra la carneficina della settimana scorsa in un villaggio a sud di Daboua sulla costa ciadiana del Lago Ciad, il Supremo consiglio per la shari’a in Nigeria (Scsn), punto di riferimento delle comunità islamiche, ha denunciato di essere stato immotivatamente escluso dal programma di de-radicalizzazione e di riabilitazione dei miliziani Boko Haram pentiti.

Il segretario generale del Consiglio, Auwal Faruq-Abdulsalam, ha sottolineato che «l’insurrezione jihadista minaccia il paese da ormai una decade. E in tutto questo tempo, gli ulema (depositari e tutori della legge islamica) e l’organizzazione islamica sono stati completamente esclusi dal processo di de-radicalizzazione degli ex membri del gruppo estremista». Adulsalam ritiene che l’Scsn dovrebbe essere coinvolto a pieno titolo nel processo «in quanto i miliziani di Boko Haram affermano di essere musulmani e tentano di giustificare il terrore attraverso un’interpretazione fuorviante dei testi sacri dell’islam». Nessuna risposta fino ad oggi dal governo nigeriano.

La de-radicalizzazione è uno dei tre elementi su cui si basa il programma di contrasto all’estremismo violento lanciato nel marzo 2014 dall’Ufficio del consigliere per la sicurezza nazionale (Onsa) della Nigeria. Gli altri due elementi sono la contro-radicalizzazione da parte della comunità e la comunicazione strategica, incentivata dalla creazione di unità addette alla segnalazione di focolai di estremismo violento su internet.

L’inizio del percorso di de-radicalizzazione comincia in carcere ed è basato su quotidiane discussioni spirituali, che mettono in discussione i fondamenti dell’ideologia della violenza. Da questi colloqui è spesso emerso che molti terroristi sono analfabeti e altri non riescono nemmeno a citare il Corano, ciononostante dichiarano di ispirarsi al jihad. Anche molti di quelli che hanno letto il Corano e gli Hadith, hanno dimostrato di non essere in grado di capire a fondo l’islam e quali sono le caratteristiche della shari’a. Per questo, l’Scsn ha preparato un documento nel quale spiega l’importanza del ruolo degli ulema nel contrastare l’insorgenza del terrorismo e il recupero dei pentiti.

Finanziamento europeo

La prioritaria importanza della fase di de-radicalizzazione è sottolineata anche da un programma lanciato nell’aprile 2016 dall’Unione Europea, che ha stanziato 67 milioni di euro per sviluppare un piano d’azione per reintegrare nella società gli ex appartenenti a Boko Haram. Il piano europeo fornisce delle linee guida chiare e documentate per realizzare l’obiettivo di contrastare il jhadismo in Nigeria. Secondo gli esperti, rappresenta una base fondamentale per l’istituzione, l’attuazione e il monitoraggio dei programmi di de-radicalizzazione all’interno e all’esterno dell’ambiente carcerario.

Da ricordare, che un anno fa, la psicologa Fatima Akilu, direttore esecutivo della Neem Foundation, un’organizzazione non-profit che aiuta le vittime della violenza di Boko Haram, ha creato il programma Counselling on Wheels: la prima iniziativa mirata a contrastare l’indottrinamento estremista e aiutare le vittime e gli ex miliziani del gruppo integralista, molte delle quali riportano seri traumi psicologici. Il programma fornisce anche servizi di assistenza psicologica e sociale nella regione di Borno, dove sono presenti pochissimi psichiatri e nessun centro di igiene mentale. Oltre a gestire il percorso di de-radicalizzazione per le donne e i bambini liberati dalla sottomissione al gruppo.

Investire in questi programmi è decisivo in quanto fino ad oggi la strategia antiterrorismo basata sull’uso esclusivo della forza non è sufficiente a fermare gli estremisti violenti in Nigeria. Di qui la necessità di adottare un approccio multiforme per contrastare il terrorismo che, nel corso degli ultimi otto anni, ha registrato, nel continente africano, un aumento del 310% degli attacchi violenti.

Articolo pubblicato su Nigrizia.it

Categorie: Terrorismo | Tag: , | Lascia un commento

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