Il Forum sulla Cooperazione Cina-Africa ha chiuso i lavori martedì. Due giorni segnati da incontri e accordi commerciali attraverso i quali il gigante asiatico ha cercato di smentire le critiche occidentali di voler approfittare delle condizioni dei paesi in via di sviluppo elargendo cospicui finanziamenti ai loro governi. Per questo, Pechino ha deciso di raddoppiare i prestiti senza interessi ai paesi africani e di rielaborare l’iniziativa la nuova Via della Seta.
Il settimo Forum sulla cooperazione Cina-Africa (Focac) ha concluso i lavori martedì scorso a Pechino, dove è stato ospitato per la quarta volta. Nella capitale cinese sono convogliati la stragrande maggioranza dei leader dei 54 paesi africani per unirsi al presidente cinese XiJinping, lasciando, come ha scritto Africanews, «il continente quasi privo di presidenti» (nel medesimo articolo c’è anche la lista degli unici sei capi di stato africani che non hanno partecipato al summit).
Una presenza quasi completa dei leader africani, che rappresenta un fiore all’occhiello per la Cina. E per questo Xi Jinping ha rivolto un particolare saluto di benvenuto ai tre nuovi membri del Vertice Focac di quest’anno: il Gambia, SãoTomé e Principe e il Burkina Faso, che negli ultimi tre anni hanno rotto le relazioni diplomatiche con Taiwan, nel rispetto del principio della cosiddetta one-China policy, lasciando ormai solo il regno di eSwatini (ex Swaziland) come unico paese africano che ancora riconosce Taiwan, rifiutando gli aiuti di Pechino.
Anche questa volta, i titoli dei giornali di tutto il mondo sul Focac sono stati principalmente centrati sugli stanziamenti economici in favore dell’Africa promessi dalla Cina. Secondo i media, Xi ha annunciato sessanta miliardi di nuovi finanziamenti, ma una testata che segue molto da vicino le relazioni tra i due blocchi, come il blog China-Africa Research Initiative, ha specificato che il governo cinese ha effettivamente stanziato cinquanta miliardi di dollari e la differenza dovrebbe provenire da investimenti nel continente delle aziende private cinesi.
Il totale dei fondi promessi nell’arco dei prossimi tre anni da Pechino include venti miliardi di dollari in linee di credito e quindici miliardi di dollari in aiuti esteri, più altri dieci miliardi riservati a un fondo speciale per lo sviluppo ed infine cinque miliardi per sostenere le importazioni cinesi dal continente nero. Questo segna una diminuzione dei prestiti fruttiferi offerti all’Africa rispetto all’ultimo Focac del 2015, mentre gli aiuti esteri (sovvenzioni, prestiti senza interessi e prestiti agevolati) salgono a cinque miliardi all’anno, la cifra più alta in assoluto offerta dalla Cina all’Africa.
Più prestiti senza interessi
In pratica, la potenza asiatica erogherà più soldi all’Africa attraverso sovvenzioni o prestiti senza interessi e meno attraverso linee di credito con interessi. E non è certo una coincidenza che questo cambiamento stia avvenendo parallelamente al dibattito globale sui meriti (e demeriti) del debito cinese, nel quale alcuni critici, sulla base di studi di sostenibilità occidentali, accusano Pechino di aver orchestrato una “trappola del debito” per i paesi in via di sviluppo, offrendo prestiti che saranno impossibili da rimborsare. Gli argomenti discussi nei due giorni di lavori del vertice sono stati inevitabilmente incentrati sul potenziamento delle relazioni economiche e commerciali, ma nel contempo è emerso chiaro il tentativo della Cina di cambiare la narrativa della sua presenza in Africa.
Otto iniziative per la cooperazione tra i due blocchi
Nel suo discorso alla cerimonia di apertura del summit, Xi ha evidenziato otto importanti iniziative per la futura cooperazione tra i due blocchi: promozione industriale, connettività alla rete delle infrastrutture, facilitazione degli scambi, sviluppo ambientale, sviluppo del know-how, assistenza sanitaria, scambi interpersonali e pace e sicurezza. Va però rilevato che nessuna di queste iniziative costituisce una novità. Il potenziamento dellala capacità industriale dell’Africa e l’aumento delle esportazioni sono stati due capisaldi anche nel vertice Focac di Johannesburg nel dicembre 2015. Tuttavia, un’enfasi rinnovata può aiutare a controbattere la vulgata che la Cina sta prendendo più di quanto stia dando nei suoi rapporti con i paesi africani.
La cooperazione in otto punti proposta da Xi rappresenta una risposta implicita alle accuse che la Cina è principalmente interessata a trarre profitto dall’Africa. È su questa linea che persino il grande progetto infrastrutturale della Nuova Via della Seta (BRI – Belt and Road Initiative),nel corso del vertice è stato reinterpretato come un modo per accelerare l’integrazione regionale africana. Il presidente cinese è persino riuscito a trasformare in positivo le critiche occidentali sull’impegno di Pechino nel continente dichiarando che «il vigoroso sviluppo della cooperazione Cina-Africa ha ispirato i partner internazionali a prestare maggiore attenzione e ad aumentare il loro contributo e la cooperazione con l’Africa».
La critica agli aiuti occidentali
Importante anche evidenziare, chedopo aver affermato che Cina e Africa hanno intrapreso una modello di cooperazione e mutuo vantaggio, basato sulla cooperazione win-win tra membri del cosiddetto Sud del mondo e paesi in via di sviluppo, Xi ha operato un’implicita critica degli aiuti in stile occidentale. Una critica che si materializza nell’impegno al rispetto di “cinque no” nelle relazioni con gli Stati africani: no a modifiche del percorso di sviluppo che deve rimanere in linea con le rispettive condizioni nazionali, no all’interferenza negli affari interni, no all’imposizione dei voleri di Pechino, no a legami finanziari di assistenza e no alla ricerca di vantaggi politici nel fornire finanziamenti o nell’investire in Africa. “Cinque no” sapientemente strutturati, che confermano la ferma volontà della Cina di rendersi il partner economico e politico più attraente per lo sviluppo dei paesi africani.