Un’analisi di Critical Threats, un centro studi Usa di geopolitica, denuncia l’estrema pericolosità della costola dell’Isis nel Sahel che sta registrando una rapida crescita in termini numerici. Il report evidenzia che il gruppo ha ottenuto il sostegno popolare nel nord del Mali, mentre in Burkina Faso ha contribuito all’aumento dell’insorgenza e al diffondersi del cartello qaedista del Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani.
«L’espansione nel Sahel dello Stato islamico nel Grande Sahara (Isgs), un gruppo affiliato all’ISIS, dimostra che gli attuali sforzi anti-terrorismo statunitensi ed europei non riescono a impedire la crescita del movimento salafita-jihadista in Africa». Questo uno dei punti salienti del report con cui Critical Threats critica l’operato delle forze di sicurezza occidentali, operative nella vasta area desertica saheliana.
La disamina che si focalizza sugli obiettivi degli Stati Uniti nel Sahel (blocco dell’insorgenza jihadista, lotta al traffico di esseri umani e gestione delle crisi umanitarie) è stata realizzata da Emily Estelle con la collaborazione di Bryan Gilday e ReillyAndreasen. Per una fruzione più immediata, i tre ricercatori si sono avvalsi di una serie di infografiche che spiegano in maniera immediata ed efficace l’evoluzione di questo temibile gruppo jihadista e ne confermano l’estrema pericolosità.
Non a caso, nei primi nove mesi del 2018, le operazioni militari francesi in Africa occidentale si sono concentrate principalmente su questa costola dell’Isis nel Sahel. Una priorità sicuramente dettata dal fatto che i vari attacchi sferrati dal gruppo i nella cosiddetta zona dei tre confini tra Mali, Niger e Burkina Faso hanno avuto come obiettivo i militari francesi dell’operazione Barkhane, operativa sul territorio dall’agosto 2014.
La wilayat (provincia) dello Stato Islamico nel Sahelsi è formata nel maggio 2015, quando il suo leaderAdnan Abu al-Walid al-Sahrawiha proclamato la sua adesione all’ideologia del Califfato, riconosciuta dai vertici dell’organizzazione solo alla fine di ottobre 2016. L’Isgs è cresciuto rapidamente in termini numerici, dopo aver attaccato il 4 ottobre 2017una pattuglia composta da soldati statunitensi e nigerini nel villaggio di TongoTongo nel Niger occidentale.
Nella mortale imboscata, furono uccisi quattro militari americani, la cui morte innescò diverse polemiche sul ruolo e l’utilità della missione militare Africom in Niger. Fino a indurre alcuni membri del Congresso americano a chiedere di ridurre la presenza dei soldati statunitensi nella regione del Sahel ed escluderne la partecipazione nei combattimenti in prima linea contro i gruppi armati fedeli ad al-Qaeda o all’Isis.
Il gruppo di al-Sahrawi è riuscito ad accrescere la sua influenza nell’area adottando la strategia di intervenire nei conflitti etnici per reclutare nuovi proseliti tra le comunità emarginate, in particolare i fulani, e ottenere sostegno popolare. L’analisi sottolinea che la tattica dell’inclusione settaria fu già messa in atto in passato dal jihadista giordano Abu Musab al Zarqawi, fondatore di al Qaeda in Iraq, il più immediato precursore dell’Isis.
I ricercatori di CT evidenziano inoltre che fin dalle sue prime azioni il gruppo estremista è stato ritenuto molto pericoloso. Una pericolosità accresciuta dalle ripetute segnalazioni delle intelligence locali, in merito alle convergenze tattiche di alcune formazioni estremiste islamiche che prima gravitavano nell’orbita di al-Qaeda.
Tuttavia, il report conclude specificando chedall’inizio dell’anno le operazioni di antiterrorismo hanno significativamente ridotto le capacità offensive dell’Isgs, pur ricordando che il gruppo ha ottenuto il sostegno popolare nel Mali settentrionale e ha contribuito a un’escalation dell’insorgenza jihadista in Burkina Faso. L’attenzione per l’Isgs ha permesso di diffondersi in Burkina Faso al Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani (Gsim), il cartello al Qaeda nel Maghreb islamico che dal marzo 2017 ha riunito tutti i gruppi filo qaedisti del Mali.
Senza dimenticare, di citare il micidiale attacco del 14 aprile scorso a Timbuctù, in Mali, contro i caschi blu della Minusma e gli effettivi della missione Barkhane: un’azione complessa, lanciata in pieno giorno e dalle modalità inedite rispetto alle precedenti contro le basi militari in Mali. E anche l’attentato del 30 giugno scorso a Sévaré, nel centro del Mali, contro il quartier generale della nuova forza militare congiunta del G5-Sahel.
Gli esperti concludono la ricerca rilevando che se il contrasto delle forze francesi ha in parte ridotto la minaccia dell’Isgs, il persistere delle condizioni di conflitto che hanno permesso al gruppo filo-Isis di crescere in Mali, potrebbero consentirgli di acquisire di nuovo forza o addirittura di dare vita a un’altra formazione jihadista armata.
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