Un nuovo studio esamina gli ostacoli alla crescita dell’Africa

L’undicesimo rapporto della Fondazione Mo Ibrahim, che annualmente valuta la gestione politica e sociale dei paesi africani, descrive un continente in ritardo rispetto ai bisogni e alle aspettative di una popolazione in crescita, composta principalmente da giovani. Dallo studio, emergono anche timori sulla sicurezza e la mancanza di posti di lavoro nelle nazioni africane, mentre i progressi dell’Africa sono trainati da un esiguo numero di paesi.

«Nonostante la forte crescita del Pil registrata negli ultimi dieci anni, l’Africa non è riuscita a creare nuove opportunità economiche per la sua popolazione di giovani in forte espansione». La poco rassicurante constatazione è contenuta nell’undicesima edizione dell’annuale report sulla valutazione della governance in Africa, realizzato dalla fondazione del miliardario sudanese Mo Ibrahim.

Il rapporto è costruito su un indice che, sulla base della valutazione di 102 indicatori, quest’anno prende in considerazione quattro macro categorie: sviluppo umano, opportunità economiche sostenibili, partecipazione e diritti umani, legalità e sicurezza.

Lo studio rileva che il progresso della governance pubblica in Africa è in ritardo rispetto ai bisogni e alle aspettative di una popolazione in crescita, composta principalmente da giovani. Ma la situazione più preoccupante riscontata nel rapporto è quella della performance dell’economia sostenibile del continente.

Secondo gli analisti, la crescita è stata notevolmente rallentata dall’inefficienza dei governi africani nel riuscire a tradurla in opportunità economiche sostenibili che avrebbero potuto migliorare la qualità di vita dei loro cittadini. Le cifre a riguardo sono più che eloquenti: dal 2008, il punteggio medio africano nella categoria delle opportunità economiche sostenibili è aumentato di soli 0,1 punti, pari a un misero 0,2%, in netto contrasto con l’aumento del Pil continentale, di quasi il 40%, registrato nello stesso periodo.

Un dato in netta opposizione con la crescita demografica, salita del 26% negli ultimi dieci anni, e anche con le aspettative dei giovani che rappresentano il 60% della popolazione africana, che ha raggiunto gli 1,25 miliardi. Numeri che, tradotti in pratica, rivelano che non si è registrato alcun progresso nella creazione di opportunità economiche sostenibili e che delineano una tendenza quasi stagnante dell’economia incentrata sul concetto di sviluppo sostenibile.

Un’altra tendenza poco rassicurante rilevata nello studio è costituita dal fatto che in più della metà dei paesi africani, i punteggi inerenti la sottocategoria dell’istruzione hanno registrato un sensibile regresso. Ciò significa che i giovani ricevono un’educazione primaria più scarsa rispetto al passato e anche la qualità dell’insegnamento è di livello inferiore. E di fronte alla preponderanza giovanile della popolazione africana, questo dato comporta giustificati timori per il futuro del continente.

Il report valuta anche che lo spazio politico e civico degli africani si è andato restringendo, come dimostra il peggioramento delle tendenze di alcuni indicatori della macro categoria “partecipazione e diritti umani”. Nello specifico, gli indicatori maggiormente penalizzati nella graduatoria sono “partecipazione della società civile”, “diritti civili e libertà “, “libertà di espressione” e “libertà di associazione e assemblea”.

Mentre in controtendenza si registra un miglioramento nell’indicatore delle “elezioni democratiche” con quasi quattro africani su cinque che vivono in un paese dove nell’ultimo decennio la situazione a riguardo è migliorata. Buono anche il dato, sulla “governance generale”, che nell’ultimo decennio ha mantenuto una moderata crescita. In questo caso tre africani su quattro (71,6%) vivono in un paese in cui la situazione è migliorata.

Come nelle passate edizioni dello studio, a livello nazionale, il vertice dell’indice Ibrahim è occupato da tre nazioni insulari: Mauritius, Seychelles e Capo Verde. Il maggior incremento di punteggio (+12,7) è stato conseguito dalla Costa d’Avorio, salita al 22esimo posto, seguita da vicino dallo Zimbabwe, che pur avendo migliorato di 10,8 punti, continua a languire nella parte bassa dell’indice al 39esimo posto.

Il paese con il governo peggiore è la Somalia, seguito da vicino dal Sud Sudan, dalla Libia, dall’Eritrea e dalla Repubblica Centrafricana. La Libia è in assoluto il paese che dal 2008 ha registrato la peggiore débâcle, perdendo ben 15,6 punti.

Le due maggiori economie del continente sono rimaste relativamente stabili, come dimostra la performance del Sudafrica, che ha perso solo 0,6 punti, classificandosi come il settimo paese meglio governato dell’Africa, anche se i dati indicano un marcato deterioramento nelle sottocategorie “sicurezza personale” e “trasparenza e responsabilità”. 

La Nigeria è al 33esimo posto, registrando un aumento di 2,8 punti rispetto al 2008, con un notevole miglioramento nelle sottocategorie “sanità”, “infrastrutture” e “partecipazione”. Nel determinare il punteggio finale, questi dati positivi sono stati fortemente penalizzati dalla drastica diminuzione della “sicurezza nazionale”, in gran parte dovuta all’insorgenza di Boko Haram.

Leggendo i numeri, si capisce che i leader africani devono migliorare la governance nei loro paesi, riuscendo a creare un contesto che permetta ai loro cittadini di perseguire buoni risultati economici e progredire nello sviluppo.

 Articolo pubblicato su Nigrizia.it

Categorie: Economia, Politica, Sviluppo | Tag: , | Lascia un commento

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