Come e perché sono state revocate le sanzioni all’Eritrea

La revoca delle sanzioni decisa all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite segna un nuovo capitolo per la pace e la cooperazione regionale dell’Eritrea, dopo anni di aspre tensioni con i paesi vicini. L’auspicio è che il passo compiuto dal massimo organo decisionale dell’Onu rappresenti una buona base per portare progressi economici e migliorare la situazione dei diritti umani all’interno del regime più isolato dell’Africa.

Dopo nove anni, il Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite ha decisoall’unanimità di abolire le sanzioni e l’embargo sulle armi nei confronti dell’Eritrea. Il provvedimento contro il paese del Corno d’Africa era stato imposto con la risoluzione 1907, approvata in seguito alle accuse di aver fornito supporto logistico e finanziario al gruppo jihadista somalo al-Shabaab e al rifiuto di ritirare le truppe dal confine con Gibuti, al termine del conflitto scoppiato nel 2008.

All’epoca del varo delle sanzioni, nella comunità internazionale si era diffusa la convinzione che il governo eritreo avrebbe offerto il proprio sostegno agli estremisti somali, che Asmara ha sempre categoricamente smentito, con l’obiettivo di mettere in difficoltà l’Etiopia. Un’ipotesi basata sul fatto che l’esercito di Addis Abeba è statoa lungo impegnato in un’ardua campagna militare contro al-Shabaab.

Nessuna prova di sostegno ad al-Shabaab

L’embargo era stato successivamente prorogato con ulteriori risoluzioni, l’ultima delle quali era stata approvata lo scorso marzo, nonostante per quattro mandati consecutivi il Gruppo di Monitoraggio su Somalia ed Eritrea avesse certificato la mancanza di prove del sostegno eritreo al gruppo terrorista somalo. La decisione era stata tuttavia adottata per le ripetute evidenze di violazione dell’embargo da parte dell’Eritrea, che erano emerse nell’ultimo rapporto del Gruppo di Monitoraggio sui due paesi.

Secondo quanto riportato nel documento, Asmara continuerebbe a fornire sostegno a gruppi armati che coltivano l’obiettivo di destabilizzare Gibuti e l’Etiopia, come il Movimento di liberazione popolare Gumez Benishangul, il Fronte per il ripristino dell’unità e della democrazia (Frud), il Movimento patriottico Ginbot7 (PG7) e il Movimento democratico popolare del Tigray. Altra violazione dell’embargo è emersa dalla cessione di armamenti da parte degli Emirati Arabi Uniti, avvenuta attraverso la loro base militare in Eritrea, installata nei pressi della città portuale di Assab.

Tuttavia, il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite è stato indotto all’abolizione delle sanzioni e dell’embargo sulle armi, in conseguenza del recente e radicale cambio di marcia registrato nelle relazioni tra Asmara e Addis Abeba. Prima la ratifica degli Accordi di Algeri e successivamente il doppio accordo di pace tra Eritrea ed Etiopia, oltre all’avvio di un dialogo con Gibuti per la risoluzione pacifica delle dispute territoriali, hanno manifestato la volontà politica del regime eritreo di avviare un nuovo corso di relazioni pacifiche con i propri vicini, spingendo le Nazioni Unite a riconsiderare il regime sanzionatorio.

La possibilità di una ripresa economica

Il pronunciamento positivo del massimo organo decisionale del Palazzo di Vetro potrebbe anche imprimere un’accelerazione alla ripresa delle relazioni commerciali con l’estero, contribuendo a migliorare il clima imprenditoriale e al rilancio dell’economia del paese africano. Oltre a favorire la crescita economica, il passo compiuto dalle Nazioni Unite potrebbe agevolare anche il presidente eritreo Isaias Afewerki, che attraverso lo sviluppo potrebbe sanare il forte malcontento sociale che serpeggia nel paese, prolungando la sua venticinquennale permanenza al potere.

È auspicabile che la cessazione dell’embargo possa indurre Afewerki a smobilitare l’apparato militare a favore di maggiori diritti per la popolazione. Ma nel timore che questo non avvenga migliaia di eritrei stanno approfittando dell’apertura delle frontiere per fuggire in Etiopia. Una fuga che ha anche ripropostoil problema della mancanza di una quotazione ufficiale del cambio tra il birr etiope e il nakfa eritreo, che fu anche tra i motivi che causarono lo scoppio del conflitto nel 1998.

L’Eritrea, intanto, continua a posizionarsi al penultimo posto nella black list di Freedom House sui dodici paesi peggiori del mondo, quanto ad esercizio di diritti politici e libertà civili. Mentre il suo Pil di neanche tre miliardi di dollari è tra i più bassi in assoluto. Tuttavia, è innegabile che dopo la distensione con l’Etiopiae la revoca delle sanzioni dell’Onu, per Asmara è scattato un percorso di riabilitazione, che potrebbe non essere privo di colpi di scena.

La fine delle misure imposte dal Consiglio di Sicurezza concretizza il tanto auspicato e imprescindibile intervento della comunità internazionaleper sostenere il nuovo corso dell’Eritrea. La fine dell’embargo può inoltre costituire un ulteriore impulso per riformare un sistema che ha prodotto povertà e costretto migliaia di ragazzi a emigrare in Europa o nei paesi del Golfo, spesso trovando la morte nel viaggio della speranza.

La ripresa dell’economia eritrea potrebbe arginare quest’esodo giovanile di massa, consentendo di creare una nuova forza lavoro che renderebbe l’Eritrea in grado di accedere ai grandi mercati dell’Africa orientale. Tutto sembra deporre a favore di Asmara nell’avviare un deciso cambiamento politico interno, ma solo il tempo potrà provare la volontà del governo eritreo di restituire libertà, diritti e dignità al suo popolo.

Categorie: Diritti umani, Politica | Tag: , | Lascia un commento

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