I giudici della Corte penale internazionale hanno riconosciuto la colpevolezza dell’ex signore della guerra congolese Bosco Ntaganda per 18 capi di accusa, tra cui 13 crimini di guerra e 5 crimini contro l’umanità commessi tra il 2002 e il 2003 nell’Ituri, nel nord-est della Repubblica democratica del Congo. Tra i vari reati di cui “Terminator” si è reso responsabile ci sono schiavitù sessuale, stupri di massa e l’arruolamento di bambini soldato.
Il quarantacinquenne Ntaganda, di etnia tutsi, è stato accusato di aver diretto e pianificato il massacro di civili compiuto dai suoi soldati nella regione dell’Ituri, nell’est della Repubblica democratica del Congo, tra il 2002 e il 2003. All’epoca, l’imputato era al comando delle operazioni militari delle Forze patriottiche per la liberazione del Congo (Fplc), l’ala armata del gruppo ribelle che rispondeva all’altisonante nome di Unione dei patrioti congolesi (Upc), ma non era niente altro che una delle numerose sanguinarie milizie attive da anni nel paese.
La carriera militare dell’ex capo ribelle è iniziata nel 1990, quando, ad appena 17 anni, si unì al Fronte patriottico rwandese (Fpr), oggi al potere a Kigali. Da allora, ha fatto parte di diversi gruppi armati e nel gennaio 2008, dopo la cattura dell’ex generale filorwandese Laurent Nkunda in Rwanda (che sarebbe stato tradito proprio da Ntaganda), è diventato il leader dei ribelli tutsi del Cndp (Congresso nazionale per la difesa del popolo). Il 23 marzo 2009 ha firmato un accordo di pace con il governo di Kinshasa e, nonostante si fosse macchiato di efferati crimini, venne integrato con il grado di generale insieme a tutti i suoi uomini, nei ranghi dell’esercito regolare congolese.
Nell’aprile del 2012, inasprito dalle promesse non mantenute dell’allora presidente congolese Joseph Kabila, insieme a circa altri 700 soldati a lui fedeli disertò, tornando sulle colline del Nord Kivu dove creò il nuovo gruppo M23 (richiamandosi proprio agli accordi del 23 marzo 2009) che nel giro di qualche mese riuscì a prendere Goma, capitale della provincia del Nord Kivu e città strategica del Congo orientale.
Nel corso delle udienze cominciate il 2 settembre 2015, le decine di testimoni, tra cui un elevato numero di ex bambini soldato, hanno fornito ai pubblici ministeri orribili particolari sul trattamento riservato alle vittime delle violenze dell’Upc. I giudici hanno anche accertato che Ntaganda uccise personalmente un sacerdote cattolico. Gli attacchi della milizia paramilitare, composta principalmente da uomini di etnia Hema, presero di mira specifici gruppi etnici come Lendu, Bira e Nande.
Gli attivisti per i diritti umani hanno accolto favorevolmente la decisione della corte. «Coltiviamo la speranza che il verdetto di oggi offra qualche consolazione alle migliaia di persone colpite dai crimini di Ntaganda e spiani loro la strada per ottenere finalmente giustizia», ha twittato Amnesty International.
Mentre le organizzazioni congolesi che hanno raccolto le prove per contribuire a garantire la condanna di Ntaganda, hanno detto che altri sospetti criminali godono ancora di impunità e che numerose atrocità continuano a essere commesse nella Rd Congo.
Bosco Ntaganda era rimasto in libertà per sette anni dopo che nel 2006 la Corte dell’Aja aveva spiccato il mandato di arresto nei suoi confronti, suscitando l’irritazione dei giudici del Tribunale internazionale per le sue frequenti apparizioni in pubblico.
Poi, con una mossa a sorpresa, nel marzo 2013, si è consegnato all’ambasciata degli Stati Uniti a Kigali, in Rwanda. I motivi all’origine della resa di Ntaganda, potrebbero essere riconducibili alle guerre intestine che minarono l’M23 e sancirono la sconfitta della fazione guidata dall’ex signore della guerra, che per evitare di essere eliminato nella faida interna si rifugiò all’interno dell’ambasciata americana in Rwanda. Da dove chiederà di essere estradato all’Aia per rispondere delle accuse formulate nei suoi confronti.
Bosco Ntaganda è uno dei cinque ex signori della guerra congolesi che sono comparsi dinanzi ai giudici della Cpi, istituita nel luglio 2002 per giudicare i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e i genocidi, in qualunque posto e in qualunque momento siano stati commessi.
Nel luglio 2012, la Corte ha condannato a 14 anni di carcere il fondatore dell’Upc, Thomas Lubanga, per la coscrizione forzata di bambini soldato, mentre negli anni recenti ha prosciolto diversi imputati. Tuttavia, alcuni paesi africani hanno ripetutamente accusato l’istituzione di concentrare la propria azione solo sugli africani.
Articolo pubblicato su Nigrizia.it