Can: i problemi del calcio africano tra sponsor e corruzione

Domani le nazionali di Senegal e Algeria si giocano la finale della 32esima edizione della Coppa d’Africa delle Nazioni (Can), che negli anni è diventata un torneo calcistico che muove milioni di dollari grazie a sponsorizzazioni di aziende che, come il caso di Total, ottengono dall’Africa parte delle loro risorse primarie. Intanto, molte Federazioni africane devono fronteggiare gravi problemi finanziari e i club locali vengono privati dei talenti migliori.

Alle 21 di domani, allo stadio internazionale del Cairo si terrà l’atto conclusivo della 32esima edizione della Coppa d’Africa delle Nazioni (Can 2019). Le due nazionali che si contenderanno l’ambito titolo continentale sono Senegal e Algeria. La prima torna in finale dopo 17 anni, quando arrivò a un passo dalla conquista del titolo continentale, che perse ai calci di rigore contro il Camerun. Mentre l’Algeria torna a disputare la finale dopo 29 anni, quando da nazione ospitante vinse l’unica Coppa d’Africa della sua storia battendo la Nigeria 1-0.

Allora la massima competizione calcistica del continente era molto diversa da quella che in quest’ultimo mese ha appassionato i tifosi africani, e non solo. Le nazionali che si contendevano il torneo vinto nel 1990 dall’Algeria erano 8, passate a 16 dal 1996, per arrivare alle 24 dell’edizione che sta per volgere al termine. Al tempo della vittoria dell’Algeria, il montepremi della Coppa d’Africa era ben lontano dagli attuali 16,4 milioni di dollari, 4,5 dei quali andranno alla nazionale vincitrice e 2,5 alla seconda classificata.

Poi c’è stata la svolta delle sponsorizzazioni arrivata con il camerunense Issa Hayatou, che a partire dal 1988 ha assolto la presidenza della Confederazione calcistica africana (Caf) fino al 2017 per sette mandati consecutivi, nel corso dei quali ha stretto molti accordi commerciali con le multinazionali. Nel tempo, si è così incrementato in maniera vertiginosa il volume d’affari degli sponsor. Oggi quello ufficiale del torneo è la Total, la compagnia petrolifera francese che ha stretto con la Caf un accordo di otto anni dal valore di 250 milioni di dollari.

Non a caso, l’Africa rappresenta il 30% della produzione energetica del colosso d’oltralpe, che più di 80 anni fa ha cominciato a mettere radici nel continente. La Caf ha inoltre firmato un accordo di sponsorizzazione quadriennale con Visa, che sarà il fornitore esclusivo dei servizi di pagamento di CAN 2019 e 2021. Il denaro è un fattore importante nel calcio mondiale e il calcio africano non fa eccezione, ma le federazioni locali hanno più volte sofferto a causa di gravi problemi finanziari, gli stessi che nel marzo 2017 hanno costretto la Federazione calcistica del Malawi a ritirarsi dalle qualificazioni della Coppa d’Africa 2019.

Uno studio pubblicato nel marzo 2016 dalla Harvard Kennedy School ha stimato che tutte le società calcistiche dell’Africa hanno un fatturato inferiore ai 400 milioni di dollari (basti pensare che i 10 più importanti club europei individualmente fatturano molto di più). Inoltre, i bilanci finanziari sono quasi del tutto inaccessibili per molti club africani, rendendo impossibile quantificare l’intero valore economico del calcio nel continente.

Nella sponsorizzazione della CAN 2019 sono stati coinvolti anche i grandi marchi sportivi internazionali. La Puma ha fornito il suo kit a ben cinque squadre: Egitto, Ghana, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau e Senegal. Tuttavia, l’azienda sportiva tedesca non ha sponsorizzato i campioni uscenti del Camerun, che in questa edizione hanno indossato Le Coq Sportif. Umbro ha invece fornito il pallone di gioco ufficiale e supportato tre nazionali. Altri quattro blasonati marchi sportivi del calibro di Adidas, Garman, Macron e Nike, hanno sponsorizzato due rappresentative ciascuno.

C’è infine da ricordare come il calcio africano dei giorni nostri, e di conseguenza anche la CAN, sono sempre più segnati da episodi di malaffare con la Caf commissariata dopo l’arresto per sospetta corruzione del suo presidente, il malgascio Ahmad Ahmad. Senza dimenticare, l’incredibile gara di ritorno della finale di Caf Champions League tra Esperance Tunis e Wydad Casablanca, vinta in modo stupefacente dalla formazione tunisina per il mancato funzionamento del Var.

Un inedito nella storia del calcio, causato dal fatto che i giocatori della squadra marocchina si sono rifiutati di continuare a giocare, quando per un difetto del Var l’arbitro non è stato in grado di andare a rivedere un gol annullato al 60′ al Wydad sul punteggio parziale di 1-0 (dopo l’1-1 dell’andata). Così, la Caf ha deciso che la finale della Champions League sarà rigiocata su un terreno neutro, dopo la CAN.

Una situazione grottesca per tutto il calcio africano, che sembra rispecchiare la realtà di un continente sempre più diviso tra i pochi ricchi e i tantissimi poveri. Due ruoli interpretati rispettivamente da quel gruppo di calciatori alla Salah, che sono riusciti ad assicurarsi un ingaggio milionario in Europa, rispetto a quelli che militano nei club africani, sempre più abbandonati a se stessi.

Negli ultimi tre decenni, si è continuato a ripetere che il calcio africano era il calcio del futuro. Di un futuro che però non è mai arrivato perché allo stesso modo del continente, anche il calcio africano è stato saccheggiato e privato dei suoi talenti migliori. Mentre i club locali convivono con i bilanci in rosso e i giocatori sono costretti a destreggiarsi in un contesto di dilettantismo che appare ineluttabile. Così, ha prevalso l’incapacità di valorizzare l’enorme potenziale di un continente che da sempre coltiva un’autentica passione per il calcio.

Articolo pubblicato su Nigrizia.it

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