Luca Tacchetto, sequestrato il 16 dicembre 2018 in Burkina Faso assieme alla compagna canadese Edith Blais, è tornato in Italia dopo essere riuscito a fuggire – approfittando di una disattenzione dei rapitori, secondo la versione ufficiale – e a raggiungere la base della missione delle Nazioni Unite in Mali (Minusma) nella città di Kidal. La rocambolesca fuga dei due giovani pone fine a un’odissea durata quindici mesi, ma lascia aperti alcuni interrogativi.
Dopo il rapimento nel sud-ovest del Burkina Faso, nei pressi della città di Bobo-Dioulasso, l’architetto padovano e la sua compagna sono stati condotti nell’area desertica del Mali, dove sono rimasti per tutta la durata del sequestro, cambiando più volte il luogo in cui erano tenuti prigionieri. Luca era partito dall’Italia in auto con Edith, conosciuta durante l’Erasmus in Canada un mese prima del loro rapimento.
Dopo aver passato lo Stretto di Gibilterra ed essere sbarcati in Marocco, si erano diretti verso sud per raggiungere il Togo, dove risiede una coppia di amici conosciuti in un precedente viaggio e ai quali il ragazzo aveva promesso un aiuto per la costruzione di un villaggio per la disagiata popolazione locale. Il lieto fine del sequestro lascia però in sospeso alcuni interrogativi, tra cui l’appartenenza del gruppo jihadista che ha operato il rapimento e gestito la lunga prigionia della coppia.
Tacchetto ha riferito al pubblico ministero di Roma e ai carabinieri del Ros che indagano sulla vicenda che il sequestro sarebbe stato operato da un gruppo vicino ad al-Qaeda. E dal trattamento che gli hanno riservato, il giovane ha dedotto che fosse un gruppo esperto, abituato a gestire situazioni del genere….