Lo scoppio della pandemia di Covid-19 sta rendendo impossibile l’entrata in vigore dell’Area di libero scambio africana (AfCFTA), prevista per il prossimo 1 luglio. Secondo il segretario generale dell’AfCFTA Wamkele Mene, l’emergenza sanitaria penalizza il commercio a livello globale ed è necessario far slittare l’avvio del programma di integrazione al 2021, nel frattempo però bisogna consentire la libera circolazione delle merci.
L’AfCFTA è mirato ad allargare in modo esponenziale la prospettiva del business all’interno del continente africano, agevolando gli scambi tra i diversi paesi. Il suo inevitabile rinvio ostacolerà i progressi a breve termine verso una maggiore integrazione regionale e commerciale del continente, che è già caratterizzato dalla presenza di ben 18 accordi commerciali preferenziali in ambito economico, monetario e settoriale.
Sull’argomento, la scorsa settimana, la Commissione dell’Unione Africana, la Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa (Uneca) e l’African Development Bank (AfDB) hanno pubblicato la seconda edizione del Rapporto sull’indice di integrazione regionale dell’Africa (Arii). Per valutare lo stato e gli sforzi dei paesi africani verso l’obiettivo di una migliore integrazione regionale, lo studio analizza cinque indicatori dell’integrazione africana: la libera circolazione delle persone, l’integrazione commerciale, l’integrazione produttiva, l’integrazione macroeconomica e l’integrazione infrastrutturale.
Secondo quanto emerge dal rapporto, i paesi africani nel loro insieme non sono ancora ben integrati con un punteggio medio di 0,327 su una scala cha va da 0 (per niente integrato) a 1 (completamente integrato). Gli autori sostengono che questo ritardo nell’integrazione continuerà a essere dannoso per la crescita e lo sviluppo del continente perché l’integrazione regionale è di primaria importanza per l’Africa. Un’importanza che si riflette nella possibilità di espandere gli scambi e i mercati, rafforzare la cooperazione, limitare i rischi economici e migliorare la stabilità regionale.
Nel complesso, i paesi africani ottengono risultati relativamente migliori in termini di libera circolazione delle persone (0,441), integrazione macroeconomica (0,399) e integrazione commerciale (0,382), mentre registrano performance più negative in termini di integrazione infrastrutturale (0,220) e integrazione produttiva (0,201).
Il rapporto afferma che il basso punteggio del continente su quest’ultimo fattore è originato da deboli reti regionali di produzione, commercio e catene del valore; mentre la debolezza registrata sull’integrazione infrastrutturale è dovuta a una cattiva pianificazione, bassi livelli di finanziamento e una mancanza di trasparenza durante tutte le fasi di realizzazione dei progetti infrastrutturali.
I punteggi rivelano alcune differenze nei livelli di integrazione tra le comunità economiche regionali del continente. Ad esempio, il rapporto rileva che con 0,537 la comunità dell’Africa orientale (Eac) ha il punteggio di integrazione regionale più alto rispetto a qualsiasi altro gruppo regionale africano. Quella più debolmente integrata è invece la comunità di sviluppo dell’Africa australe (Sadc), con un punteggio medio di 0,337.
Nonostante i punteggi complessivamente bassi, alcune comunità regionali sovraperformano su alcuni indicatori specifici. Ad esempio, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) ottiene un punteggio molto alto pari a 0,733 sulla libera circolazione delle persone, ma ha un punteggio complessivo di 0,425 a causa del basso punteggio raggiunto nell’integrazione produttiva (0,220) e nell’integrazione infrastrutturale (0,298).
Nelle conclusioni della relazione viene evidenziato come l’integrazione produttiva dovrebbe essere la prima priorità del continente, perché l’assai debole risultato dell’Africa in questo ambito ostacola i progressi verso un’efficace integrazione regionale in tutto il continente. Per migliorare questo indicatore, si dovrebbe intensificare la costruzione di quadri regionali per rafforzare la catena del valore, ridurre le barriere non tariffarie e migliorare il capitale umano africano. Inoltre, sarebbe proficuo individuare le carenze di competenze ed realizzare programmi di sviluppo transfrontaliero per colmare tale carenza.
Infine, il rapporto sostiene inoltre che la seconda priorità per i paesi africani dovrebbe essere l’integrazione infrastrutturale, poiché la carenza di infrastrutture costituisce un serio deterrente per il commercio, la produzione e gli investimenti.