Sono trascorsi cento giorni, da quando il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha ordinato un’offensiva militare contro la leadership del Tigrai. Malgrado Abiy abbia più volte affermato che si trattava di un’operazione di polizia interna contro un territorio ribelle, il conflitto è sfociato in una guerra regionale su vasta scala, che ha già prodotto una crisi umanitaria con migliaia di rifugiati che ogni giorno fuggono dai continui combattimenti.
L’ultimo report dell’Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, evidenzia che la situazione umanitaria nella regione continua a deteriorarsi rapidamente e l’accesso ai servizi essenziali rimane interrotto in vaste aree del Tigray, aumentando la necessità di urgente assistenza. Tuttavia, resta difficile stabilire un quadro completo dei bisogni umanitari, a causa delle difficoltà nella raccolta di informazioni e dell’accesso all’area.
Nelle operazioni belliche sono contrapposti i combattenti fedeli al Fronte popolare di liberazione del Tigrai (Tplf), il partito al governo della regione di ispirazione marxista e socialista, alla potenza combinata di Etiopia ed Eritrea, sostenuta da un numero imprecisato di soldati somali e dalle milizie amhara, che vedono nel conflitto la possibilità di risolvere l’annosa questione delle dispute confinarie con il Tigrai.
Di seguito, il link per scaricare la mia analisi sul conflitto, pubblicata sull’ultimo numero della rivista digitale “Documenti geografici”, curata dal 2012 da un gruppo di geografi dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.
www.documentigeografici.it/index.php/docugeo/article/view/260/213