Perché la Nigeria ha vietato le transazioni in criptovalute

Nell’ultimo quinquennio, la Nigeria ha scambiato più di 500 milioni di dollari in bitcoin, mentre un nigeriano su tre usa abitualmente le criptovalute. Un volume enorme che ha reso lo Stato dell’Africa il secondo mercato di criptovalute più grande al mondo, dopo gli Stati Uniti. Un primato che un report della BBC spiega partendo dal fatto che nel paese permane il difficile clima economico, rendendo attraenti fonti di reddito e valute alternative.

L’analisi prosegue evidenziando che un insieme di circostanze politiche, economiche e finanziarie sfavorevoli hanno creato un clima di sfiducia nei confronti degli asset tradizionali e del circuito bancario nazionale. Per questo, quando il mese scorso la Banca centrale della Nigeria (CbN) ha deciso di vietare le transazioni in valuta digitale, si è scatenata la rabbia tra i nigeriani, che vedono questa valuta come un rifugio sicuro in un’economia martoriata dal 41% di disoccupazione giovanile e da una profonda recessione, che entro il 2022 rischia di aggiungere venti milioni di poveri agli attuali 83.

La nuova direttiva della CbN sulle transazioni di criptovaluta impedisce ai trader di acquistare criptovalute con le loro carte di credito/debito emesse dalle banche nigeriane o di ricevere i proventi delle vendite di criptovaluta. In osservanza alla direttiva, le banche hanno iniziato a disattivare tutti gli account individuali con afflussi/deflussi da e verso piattaforme di criptovaluta. E non è chiaro se in futuro le persone interessate saranno in grado di riaprire questi conti presso le banche.

Tutto questo, bloccherà le piattaforme di scambio che facilitano l’acquisto e la vendita della valuta digitale in Nigeria e avrà comprensibilmente un effetto sul locale mercato delle criptovalute. Tuttavia, gli operatori sembra abbiano trovato la maniera per aggirare la restrizione attraverso il trading peer-to-peer, che consente alle persone di acquistare o vendere criptovaluta da singoli trader anziché dalle tradizionali piattaforme. In pratica, si elimina la necessità per gli exchange di criptovalute di gestire conti di regolamento nelle banche nigeriane.

Un comunicato stampa della CbN spiega che la contestata decisione di vietate le transazioni relative alla criptovaluta nel Paese e ordinare alle banche di chiudere tutti i relativi conti, trova origine nel fatto che la valuta digitale sarebbe utilizzata per il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, oltre a favorire l’evasione fiscale.

Un’altra motivazione addotta dalla CbN sarebbe insita nella volatilità delle criptovalute, che ha già minacciato la stabilità dei sistemi finanziari in altri paesi, alimentando le paure che un improvviso scoppio della bolla dei bitcoin possa compromettere la sicurezza economica di milioni di giovani nigeriani. In realtà, la CbN non indica chiaramente le ragioni della repressione contro i bitcoin, che secondo gli addetti ai lavori sarebbe stata deliberatamente messa in atto per produrre una crisi nel transazioni delle valute digitali.

Secondo Shuaibu Idris, consulente di gestione presso la Time-Line Consult, ci sarebbero circa 4 miliardi di dollari di asset incorporati nelle criptovalute in Nigeria. «Se i proprietari di questi beni risiedono in Cina, Singapore, India, Stati Uniti o Kenya e decidono di prendere questi soldi – spiega Idris – l’economia della Nigeria rischia di subire un collasso sistemico, aggravato dalla forte volatilità delle quotazioni che caratterizza i bitcoin».

La dura presa di posizione della Banca centrale della più grande economia africana contro la valuta digitale, potrebbe trovare un ulteriore giustificazione nelle pressanti proteste, dello scorso ottobre, contro i gravi abusi perpetrati dalla Squadra speciale anti-rapina della polizia nigeriana, nota come Sars (Special Anti-Robbery Squad).

L’ondata di proteste è stata scatenata da un tweet pubblicato il 3 ottobre – che ha ricevuto quasi 11mila retweet – nel quale veniva denunciato l’omicidio di un ragazzo ucciso dalla polizia a Ughelli, una città dello Stato del Delta. La decisa reazione della popolazione, stanca di subire arresti indiscriminati e torture (ampiamente documentati da Amnesty), ha provocato lo scioglimento del famigerato reparto di polizia da parte della presidenza della Nigeria.

Durante le settimane delle proteste è accaduto che due banche nigeriane chiudessero il conto corrente di un’associazione che partecipava alle manifestazioni di piazza. Come risposta i membri hanno convertito i loro risparmi in bitcoin iniziando a raccogliere fondi nella criptovaluta per continuare la loro lotta.

Nel frattempo, la Nigerian Securities and Exchange Commission (Sec) ha annunciato che intende introdurre regolamenti sull’acquisto e la vendita di criptovalute, indicando che rientrano nella categoria delle transazioni in titoli. L’agenzia governativa incaricata di regolamentare e sviluppare il mercato dei capitali nel paese africano ha affermato di aver identificato alcuni rischi nel settore degli asset digitali, senza però spiegare bene i motivi.

C’è anche da ricordare, che non è la prima volta che la CbN cerca di controllare il mercato delle criptovalute. Già nel 2017, l’istituzione finanziaria aveva intimato alle banche locali di non facilitare le transazioni legate alle criptovalute. Ma questo non ha fermato la popolarità delle criptovalute nella nazione dell’Africa occidentale, che da allora ha visto aumentare il volume degli scambi di bitcoin di almeno il 19% all’anno.

C’è infine da evidenziare che il vicepresidente nigeriano Yemi Osinbajo sembra andare in controtendenza con le decisioni restrittive della CbN. Il vicepresidente pur dichiarandosi preoccupato per i potenziali usi impropri della criptovaluta e le relative implicazioni per i consumatori, ha dichiarato che «la Banca centrale e la Sec dovrebbero trovare modi per regolamentare le criptovalute piuttosto che vietarne l’uso, esortando a elaborare un sistema che supporti la crescita e l’innovazione».

Osinbajo deve aver intuito che nei prossimi anni le criptovalute sfideranno il sistema bancario tradizionale e la Nigeria dovrà essere preparata per affrontare un cambiamento epocale.

Articolo pubblicato su Eastwest.eu

L’articolo è stato tradotto in spagnolo e pubblicato sul sito web dell’Africa Fundación Sur di Madrid

www.africafundacion.org/por-que-nigeria-ha-prohibido-las-transacciones-con-criptomonedas-por-marco-cochi

Categorie: Economia, Finanza | Lascia un commento

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