Le armi inviate dall’Iran agli Houti arrivano ad al-Shabaab

Image Border Editor: https://www.tuxpi.com/photo-effects/borders«L’insurrezione di al-Shabaab in Somalia sta rafforzando i suoi legami al di fuori del continente africano». A lanciare l’allarme sull’allargamento delle connivenze criminali e dei traffici illeciti del gruppo jihadista somalo legato ad al-Qaida è un’indagine condotta dall’ong ginevrina Global Initiative Against Transnational Organised Crime (Gi-Toc), una rete internazionale che vanta la collaborazione di oltre 500 esperti per la lotta alla criminalità.

L’allerta arriva da un dettagliato resoconto pubblicato sul nuovo bollettino, secondo cui parte delle armi fornite dall’Iran ai ribelli houthi nello Yemen, che dalla fine del 2014 combattono una coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita, finiscono nel paese del Corno d’Africa.

La proliferazione di armi illecite dirottate dallo Yemen alla Somalia ha potenzialmente gravi implicazioni per la sicurezza della nazione africana, nonché per i confinanti Etiopia e Kenya. E la rete Gi-Toc ha appurato che sia i militanti di al-Shabaab e quelli dello Stato islamico in Somalia, che opera nella regione semi-autonoma del Puntland, si riforniscono abitualmente di armi leggere e munizioni dallo Yemen.

Le rilevazioni di Gi-Toc sul campo hanno documentato un totale di 417 armamenti leggeri trasportati a bordo di dhow (tradizionale barca a vela araba con una o più vele latine) verso 13 diverse località della Somalia. Verso otto di queste erano destinati 38 fucili d’assalto Type 56-1 (la copia cinese del fucile d’assalto Kalashnikov AK-47 e AKM con calcio retrattile).

I numeri di serie di questi fucili di fabbricazione cinese sono consecutivi a quelli registrati in altri stock di Type 56-1, che sono stati oggetto di precedenti sequestri. La documentazione che accompagnava questi carichi di armi indica una sicura provenienza dagli arsenali statali iraniani.

Rimane però difficile stabilire esattamente quando e come i 38 fucili abbiano raggiunto la Somalia. L’incertezza riguarda in particolare il fatto che i fucili d’assalto siano stati trasbordati da spedizioni effettuate da navi iraniane in rotta verso lo Yemen, oppure se siano state deviate verso la Somalia solo dopo aver raggiunto lo stato all’estremità meridionale della penisola araba.

Indipendentemente da questo, è probabile che alcuni dei 1.400 fucili d’assalto e delle 200mila cartucce trasportati dal dhow apolide (che non potrebbe viaggiare in acque internazionali), intercettato lo scorso 20 dicembre dalle forze navali statunitensi al largo delle coste del Mar Arabico settentrionale, siano finiti in Somalia per alimentare l’insorgenza di al-Shabaab.

La marina statunitense ha riferito che è altamente probabile che le armi provenissero dall’Iran e che la rotta marittima sia quella solitamente utilizzata per il traffico destinato ai ribelli houthi nello Yemen, in aperta violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull’embargo di armi.

Riscontri in merito giungono anche dai tracciati Gps provenienti da diversi dhow sequestrati ai trafficanti di armi. Secondo le rilevazioni, nei giorni precedenti la loro intercettazione, le navi avevano transitato in Iran.

Ad esempio, le coordinate di un dispositivo Gps rinvenuto a bordo di un dhow intercettato dalle forze statunitensi nel febbraio 2021, indicavano che alla fine di gennaio l’imbarcazione era stata ancorata nel piccolo porto di Jask, sulla parte occidentale della costa iraniana. Un porto strategicamente importante, situato vicino allo stretto di Hormuz, che dalla fine di ottobre 2008 ospita una base della marina iraniana.

Le prove raccolte da Gi-Toc indicano inoltre che le reti di trafficanti hanno utilizzato più volte gli stessi dhow per trasportare più spedizioni di armi. Come dimostra l’Umm-al-Mada’in, un dhow intercettato nel febbraio e nell’aprile 2021 e identificato da una fonte Gi-Toc che conosceva le bande marittime di trafficanti di armi, che operano sia in Yemen che in Somalia.

L’organizzazione ha indagato anche sul flusso di armi nella regione di Cabo Delgado, nel Mozambico settentrionale, dove dall’ottobre 2017 è scoppiata l’insurrezione del gruppo locale di matrice jihadista Al sunnah wa jamaah (Aswj), noto tra la gente del posto come al-Shabaab (ma che non è collegato all’omonimo gruppo attivo in Somalia).

Diversi analisti hanno affermato che il gruppo terrorista si è procurato armi anche al di fuori del Mozambico che gli hanno permesso di portare a termine attacchi sempre più letali e sofisticati. A riguardo, è stata avanzata l’ipotesi che i jihadisti di Aswj abbiano utilizzato le reti criminali della regione, che avrebbero fatto arrivare le armi attraverso le collaudate rotte del contrabbando di droga, gemme e legname, lungo le coste dell’Oceano Indiano. Le armi sarebbero arrivate anche attraverso spedizioni effettuate con dhow transitati dal sud della Tanzania verso il territorio controllato dai ribelli lungo la costa del nord del Mozambico.

Alcune delle armi in dotazione ai jihadisti di Cabo Delgado sono invece risalenti alla guerra civile tra le milizie fedeli al Renamo (il Movimento di resistenza nazionale mozambicano) e quelle del partito di governo Frelimo (Fronte di liberazione del Mozambico), che tra il 1976 e il 1992 hanno insanguinato il paese. Mentre gli AK-47 sono stati introdotti illegalmente nel Mozambico settentrionale dalla regione dei Grandi Laghi, in particolare dal Burundi e dalla Repubblica democratica del Congo.

Queste armi potrebbero aver servito al-Shabaab nei primi mesi dell’insorgenza. Tuttavia, la ricerca Gi-Toc ha concluso che la maggior parte delle armi degli insorti sono state sottratte alle forze di sicurezza governative.

Articolo pubblicato su Nigrizia.it

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