Lo scorso 22 aprile, l’esercito francese ha diffuso immagini satellitari e riprese aeree con droni, che documentano il tentativo dei mercenari russi del Gruppo Wagner di fabbricare false prove per incolpare i militari d’oltralpe di aver commesso atrocità nei pressi della base militare di Gossi, nel nord del Mali. Base che, un mese fa, i soldati francesi dell’operazione Barkhane hanno riconsegnato alle Forze armate maliane (FAMa).
Il filmato mostra alcuni contractor della Wagner mentre seppelliscono cadaveri in fosse comuni poco profonde, all’esterno della base di Gossi, per produrre false prove di uccisioni di massa compiute dalle forze francesi. Senza tralasciare, che i social media collegati ai soldati di ventura caucasici, come l’oscurato account Twitter del sedicente analista politico e patriota maliano Dia Diarra, hanno orchestrato pesanti campagne diffamatorie per screditare l’impegno della missione antiterrorismo francese in Africa occidentale e promuovere l’operato dei mercenari russi.
Le pesanti accuse sono contenute nell’incipit del nuovo report Massacres, Executions, and Falsified Graves: The Wagner Group’s Mounting Humanitarian Cost in Mali, realizzato dall’autorevole Centro di studi strategici e internazionali (Csis) di Washington. Secondo l’analisi redatta da due ricercatori del Csis, sono gli stessi mercenari russi che spesso commettono omicidi indiscriminati.
La compagnia militare privata, non ufficialmente collegata al Cremlino, è schierata in Mali dal dicembre 2021 per addestrare le forze locali e fornire servizi di sicurezza in un paese destabilizzato dalla crescente minaccia jihadista. In cambio dell’intervento della Wagner, Mosca punta a sfruttare le risorse naturali del paese saheliano offrendo anche una minore ingerenza negli affari interni rispetto ai francesi.
Un particolare non di poco conto, a pochi mesi dalle promesse elezioni maliane, che preannunciano il configurarsi di nuovi equilibri con probabili ricadute regionali. Mentre a partecipazione delle truppe della compagnia militare privata russa aumenta la minaccia contro i civili, come prova la sua lunga storia di violazioni dei diritti umani. Inoltre, è assai improbabile che Mosca ritenga il governo maliano responsabile di azioni violente contro la popolazione.
La violenza contro i civili è significativamente aumentata dopo l’arrivo di Wagner nel dicembre 2021. Nel primo trimestre del 2022, le vittime civili nel conflitto sono state maggiori che in tutto il 2021. In particolare, alla fine di marzo, durante un’operazione militare, i soldati delle FAMa, supportati dai mercenari della Wagner, hanno massacrato centinaia di abitanti della città di Moura, nella centrale regione di Mopti.
Nel corso del raid, avvenuto durante lo svolgimento di una fiera del bestiame, sono rimasti uccisi circa 300 civili mitragliati dagli elicotteri oppure giustiziati nelle perquisizioni casa per casa, perché identificati come presunti jihadisti.
Tuttavia, la giunta guidata dal colonnello Assimi Goita ha respinto ogni accusa al mittente e ha affermato che più di 200 terroristi sono stati neutralizzati, a seguito di un’operazione militare “su larga scala”. Inoltre, la portavoce del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova, si è congratulata con le autorità maliane per questa importante vittoria nella lotta contro la minaccia terroristica.
Le notizie sul massacro hanno suscitato la condanna internazionale e la richiesta di un’indagine delle Nazioni Unite, ma la giunta maliana ha rifiutato l’accesso a Moura agli ispettori della Missione multidimensionale di stabilizzazione integrata delle Nazioni Unite in Mali (Minusma). Mentre la Russia ha bloccato una proposta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un’indagine indipendente sulle uccisioni.
Sia le FAMa che la compagnia Wagner hanno continuato i loro abusi anche dopo il massacro di Moura, aprendo il fuoco in un mercato di Hombori, nel circondario di Douentza, dopo che un mercenario russo era stato ucciso nell’esplosione di una bomba nella periferia del comune rurale.
Di fronte a questi atti di violenza, i maliani saranno sempre più inclini a cercare sicurezza e servizi di base appoggiando i movimenti jihadisti come il Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (Jnim – la rete di al-Qaida nel Sahel), che sebbene si sia reso autore di efferate violenze contro i civili, ha anche dimostrato la capacità di costruire una sorta di ordine politico, risolvere controversie sulla terra e offrire protezione alle popolazioni locali.
Uno scenario confermato anche in una nuovo report del centro di analisi geopolitica Critical Threats (CT), basato a Washington, che evidenzia come il Jnim stia reclutando molti miliziani tra la popolazione locale fulani, promuovendosi come l’unico valido alleato per garantire la sicurezza contro le violenze delle milizie etniche e gli abusi delle FAMa.
E non a caso, un residente di Gossi ha raccontato al quotidiano francese Le Figaro, che la popolazione è costretta a vivere nella paura e di temere le milizie Wagner molto più dei terroristi islamici.
Articolo pubblicato su Nigrizia.it