Nelle ultime settimane, stanno crescendo le preoccupazioni per la diffusione del nuovo coronavirus negli insediamenti di rifugiati in Uganda, Kenya, Tanzania ed Etiopia, dove sono stanziati ben quattro dei sei campi più popolosi al mondo. Le conseguenze di eventuali focolai potrebbero essere devastanti perché si tratta di campi sovraffollate e carenti di adeguati presidi igienici e sanitari, quindi spazi ideali per la trasmissione del Sars-Cov-2.
Alla base dei timori ci sono fattori di salute, in quanto molti dei profughi hanno il sistema immunitario indebolito da malnutrizione, stress elevato e malattie. Le strutture sanitarie poi, sono insufficienti, mentre i ventilatori meccanici e i letti di terapia intensiva sono quasi inesistenti. Senza contare che, in simili contesti, il distanziamento sociale o l’isolamento sono estremamente difficili da attuare.
Una situazione che determina non poche difficoltà. Come dimostra la decisione delle autorità ugandesi di elevare il livello d’attenzione, segnalando che i rifugiati stanno sfidando le misure di sicurezza istituite per controllare la diffusione dell’epidemia. L’Uganda è al primo posto nella classifica dei paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati nel continente e finora ha registrato solo 55 casi confermati di Covid-19.
Per continuare a tenere sotto controllo la propagazione dell’infezione ha chiuso tutti i confini e deciso di sospendere l’ingresso di rifugiati per un mese. Oltre ad annunciare di essere pronta a introdurre nuovi provvedimenti per applicare le restrizioni. Situazione difficile anche in Kenya, dove nei campi profughi di Kakuma e Dadaab, che ospitano complessivamente 411mila rifugiati, una decina di persone sono attualmente in isolamento. Si teme abbiano contratto il virus, ma non è dato sapere se siano stati sottoposti al test.
Nel campo di Kakuma i rifugiati sembrano aver accolto le misure di distanziamento sociale, come documenta un’immagine twittata dall’Unhcr che mostra i profughi ospitati nel campo fare la fila a debita distanza per ricevere il cibo. Nei sette campi nella regione di Gambella, in Etiopia – che in totale ospita circa 424 mila rifugiati, la maggior parte fuggiti dalla guerra civile che ha devastato il Sud Sudan –, l’Unhcr ha distribuito un volantino per spiegare le norme comportamentali da seguire per prevenire eventuali contagi.
Mentre Medici senza frontiere (Msf) ha lanciato l’allarme sulla diffusione del Sars-Cov-2 nei campi profughi in Tanzania, dove vivono centinaia di migliaia di persone altamente vulnerabili alle malattie infettive e con un accesso limitato ai servizi sanitari.
In una lettera aperta, il capo missione di Msf in Tanzania ha espresso tutta la sua preoccupazione sui rischi relativi alla diffusione del virus tra i 73mila rifugiati burundesi del campo profughi di Nduta, dove sarebbe praticamente impossibile contenere un’eventuale focolaio
Articolo pubblicato su Nigrizia.it