La Guinea Equatoriale entra nella Comunità lusofona

luso1Dopo otto anni di attesa, la Guinea equatoriale è entrata a far parte della Comunità dei paesi di lingua portoghese (Cplp). Il sospirato ingresso, che consentirà a Malabo di uscire dall’isolamento internazionale, è stato formalizzato nel corso della decima Conferenza dei capi di Stato e di governo della Cplp, tenuta a Dili, capitale di Timor Leste. L’ex colonia portoghese, per ottenere l’ammissione a pieno titolo nell’organizzazione per la mutua amicizia fra le nazioni lusofone ha dovuto superare non pochi e rilevanti ostacoli.

Tra quelli più ardui, il fatto che il 90% della popolazione del paese sia ispanofona, tanto che anche la richiesta di adesione è stata scritta in castigliano. Ma, ciò che ha reso più difficoltoso l’ingresso del paese africano nella comunità lusofona, è stato il veto posto dal Portogallo fino a quando Malabo non avesse abolito la pena di morte. Per ovviare al gap linguistico, nel 2011, il presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo ha emanato un decreto con cui, dopo lo spagnolo e il francese, il portoghese è diventata la terza lingua ufficiale della Guinea equatoriale, sebbene non sia mai stata di uso comune tra gli equatoguineani, tantomeno utilizzata nell’amministrazione statale.

Inoltre, le autorità locali hanno siglato con Lisbona specifici accordi in materia, compresa la formazione di insegnanti di lingua portoghese. Mentre lo scorso febbraio, come condizione imprescindibile per l’adesione alla Cplp, Obiang ha firmato la risoluzione 426 che introduce una moratoria della pena di morte fino a che non saranno completate le procedure per giungere alla definitiva eliminazione.

La Guinea equatoriale può comunque rivendicare anche radici lusitane. Fu infatti scoperta nel 1474 dal navigatore lisbonese Fernando Po e appartenne alla corona portoghese fino al 1778, anno in cui Maria I del Portogallo e Carlo III di Spagna siglarono il trattato di El Pardo, con il quale la regina cedeva parte della Guinea alla Spagna in cambio di alcuni territori dell’attuale Brasile.

Dopo aver ottenuto l’indipendenza dalla Spagna, nell’agosto 1968, la Guinea fu governata da Francisco Macías Nguema, uno dei più efferati tiranni che il continente africano abbia mai conosciuto. Macías fu spodestato dieci anni dopo con un colpo di stato portato a termine da suo nipote, l’attuale presidente Teodoro Obiang Nguema, che da 35 anni detiene il potere a Malabo.

Il più acceso sostenitore dell’entrata della Guinea equatoriale nella comunità lusofona è stato José Eduardo dos Santos, arrivato alla guida dell’Angola nello stesso anno in cui diventava presidente anche Obiang, con cui condivide un saldo legame di amicizia radicato nel tempo. L’appoggio di Dos Santos è risultato decisivo per la controversa ammissione della Guinea equatoriale come membro a pieno titolo nell’Unione lusofona.

Non è stato infatti facile per alcuni degli otto componenti della Cplp annettere uno Stato in cui la popolazione è vittima di serie violazioni dei diritti umani. Soprattutto per Timor Leste che ha pagato ad alto prezzo la propria sottomissione all’Indonesia, prima di conquistare l’indipendenza nel 2002.

Molte ong internazionali impegnate nella salvaguardia dei diritti umani come Amnesty International, da decenni denunciano la repressione e gli arresti arbitrari contro gli oppositori politici, insieme all’uso frequente della tortura. Anche la libertà d’informazione è in pratica inesistente: si ascolta una sola radio e la stampa è imbavagliata, come rileva il Committee to Protect Journalists che nel paese segnala un ambiente mediatico tra i più repressivi dell’Africa. Senza dimenticare, che l’ex Guinea spagnola è tra i maggiori produttori di petrolio africani, con un Pil su base di parità di potere d’acquisto procapite di oltre 26mila dollari, il più alto di tutto il continente, ma che langue al 136esimo posto nella classifica dell’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite.

L’aspetto più interessante di tutta la questione è però racchiuso nel fatto che a dissolvere le ultime riserve del Portogallo, non sarebbe stata la moratoria di Malabo sulle esecuzioni capitali, bensì quanto riportato sul blog Sigalon’s News Blogs Soup, che lo scorso 21 febbraio ha riportato che tramite un’impresa locale la Guinea equatoriale avrebbe versato oltre 133 milioni di euro per la seconda fase di ricapitalizzazione del Banif di Madeira, l’ennesima banca lusitana in grave crisi di liquidità.

Categorie: Diritti umani, Politica | Tag: , , , | Lascia un commento

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