Il Focac di Johannesburg rinnoverà le relazioni Cina-Africa?

Il sesto Forum per la cooperazione Cina-Africa (Focac), in corso a Johannesburg, dal 4 al 5 dicembre, potrebbe davvero segnare un salto di qualità nelle relazioni tra i due blocchi. Per la prima volta la Conferenza dei ministri viene aggiornata al livello di vertice e dopo quindici anni dalla sua istituzione è il continente africano a ospitare l’evento. Mentre fonti ufficiali hanno anticipato, che alla fine del summit il presidente Xi Jinping annuncerà un’ingente quantità di nuovi investimenti cinesi nel continente.

Il grande interesse suscitato dal Focac trova ampio riscontro nelle parole del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che prima dell’apertura dei lavori lo ha definito “una pietra miliare per cementare gli accordi raggiunti in passato e preannunciare il futuro delle relazioni Cina-Africa”. Wang è ben conscio che il vertice è ormai diventato una parte importante della collaborazione Sud-Sud, in grado di veicolare le relazioni tra le due parti a livello politico, economico e culturale.

Del resto, i numeri sono assai eloquenti: sono oltre tremila le imprese cinesi che operano nel continente e attualmente Pechino è impegnata in oltre mille progetti in Africa, tra i quali spicca la nuova ferrovia che la China Road and Bridge Corporation sta costruendo in Kenya, che consentirà al paese di diventare l’hub logistico dell’intera Africa orientale. Mentre lo scorso anno gli scambi commerciali tra l’Africa e la Cina hanno superato i 220 miliardi di dollari, un volume d’affari ventidue volte superiore a quindici anni fa.

Il medesimo trend si conferma anche per gli investimenti della Cina in Africa, che ora superano i 30 miliardi di dollari, ben sessanta volte maggiori rispetto al 2000, quando l’allora presidente cinese Jiang Zemin decise di lanciare il Focac. Fu, infatti, proprio Jiang che nel 1996 diede inizio a questo processo, quando nel corso di una visita ufficiale in sei paesi africani, tenne un discorso alla sede dell’Unione africana ad Addis Abeba, dove propose la creazione del Forum sulla cooperazione tra la Cina e l’Africa.

Naturalmente, gran parte dello sviluppo commerciale e degli investimenti si sarebbe generata anche senza Focac, in quanto alimentata dalla domanda cinese di risorse naturali e dalla necessità dell’Africa di dotarsi di infrastrutture. Ma è evidente, che i primi quindici anni del Forum per la cooperazione sino-africana abbiano coinciso con un esponenziale aumento delle importazioni cinesi di materie prime africane per alimentare la gigantesca macchina di produzione della superpotenza asiatica. Questo, ha contribuito a stimolare la crescita economica del continente a una media di circa il 5% annuo e nel contempo ne ha favorito in misura sostanziale l’apertura al mercato globale. Ma la conseguenza più immediata dell’istituzione del Forum si riverbera nel fatto che, nel corso di questi tre lustri, Pechino abbia preferito acquistare materie prime dall’Africa piuttosto che da altri paesi.

Il Focac dovrebbe avere anche un ruolo importante nel convogliare le richieste africane sulla necessità di aiutare a cambiare il rapporto economico squilibrato, che vede ancora la Cina importare grandi quantità di materie prime dal continente ed esportarvi soprattutto enormi quantità di manufatti. Tale dinamica ha creato notevoli eccedenze commerciali da parte cinese con la maggior parte dei paesi africani e ha anche dato spazio a ripetute critiche, secondo cui le relazioni economiche della Cina con l’Africa sarebbero caratterizzate da un approccio neocolonialista.

In effetti, più che di neocolonialismo, l’approccio cinese nei confronti del continente sembra intriso di opportunismo, portato avanti all’insegna del profitto prodotto dallo sfruttamento delle materie prime e dal riversamento dei prodotti cinesi all’interno del mercato africano. Lo stesso discorso vale anche per le infrastrutture, realizzate per consentire l’accaparramento delle risorse africane e spesso eseguite da aziende e manodopera cinesi con contratti ad hoc.

Senza contare, che per evitare ingerenze esterne nella sua privilegiata partnership con l’Africa, la Cina adotta una politica estera lassista, astenendosi dall’intervenire in caso di violazione di diritti umani o in precarie condizioni di trasparenza del sistema. Tuttavia, è innegabile che gli investimenti cinesi abbiano determinato un aumento della capacità produttiva nei paesi africani. Uno sviluppo destinato a proseguire se sarà confermato quanto anticipato da fonti ufficiali, secondo cui, alla fine del summit il presidente Xi Jinping annuncerà un’ingente quantità di nuovi investimenti cinesi in Africa e altre forme di assistenza al continente.

E in risposta alle crescenti preoccupazioni relative al rallentamento dell’economia cinese, in occasione del 15esimo Lanting Forum, il ministro Wang ha assicurato che nel corso dei prossimi cinque anni, la Cina importerà più di 10mila miliardi dollari di merci, investirà oltre 500 miliardi di dollari in altri paesi e più di 500 milioni di turisti cinesi si recheranno all’estero. E forse, il primo vertice Focac in terra d’Africa segnerà un significativo spostamento verso una relazione economica più equilibrata tra i due blocchi.

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