Somalia, si riaffaccia il flagello della carestia

La gravissima crisi alimentare che ha investito la Somalia sta degenerando in una carestia di enorme portata, che secondo le ultime stime delle Nazioni Unite potrebbe coinvolgere 6,2 milioni di perone, pari a circa metà della popolazione, mentre oltre tre milioni di somali hanno bisogno immediato di cibo. Se le piogge saranno meno abbondanti del previsto nulla potrà impedire la catastrofe alimentare nel paese.

La crisi è stata provocata dalla siccità, che da tre anni ha colpito il paese del Corno d’Africa, in conseguenza del fenomeno meteorologico di El Niño, legato al riscaldamento straordinario delle acque superficiali degli oceani. La siccità in Africa orientale, come si legge nell’ultimo bollettino della Fao per il monitoraggio dei prezzi del cibo, ha nettamente frenato i raccolti e spinto i prezzi di cereali e altri alimenti di base a livelli insolitamente elevati, comportando seri rischi per la popolazione della regione.

Se le piogge saranno meno abbondanti del previsto nulla impedirà una vera e propria catastrofe alimentare, che secondo le più recenti stime della Fsnau (Food Security and Nutrition Analysis for Somalia) colpirà prima di tutto i bambini. Le cifre fornite dall’organismo finanziato da Usaid e gestito dalla Fao, rilevano che oltre 363mila bambini somali sono gravemente malnutriti ed entro la fine dell’anno altri 270mila rischiano di affrontare pesanti carenze alimentari. Il dato più spaventoso è che 71mila versano in gravi condizioni e hanno bisogno di essere alimentati artificialmente per sopravvivere ai morsi della fame.

Secondo il Comitato internazionale della Croce rossa, la malnutrizione infantile ha ormai  raggiunto livelli record e tra i più colpiti ci sono soprattutto i minori sotto i cinque anni. Nell’ospedale di Kismayo, supportato dalla Croce rossa internazionale, sono stati registrati a fine febbraio 369 nuovi ricoveri, il 40% in più rispetto allo stresso periodo dello scorso anno. La struttura è uno dei rari centri in Somalia centrale e meridionale in cui i minori malnutriti possono ricevere cure.

Il governo di Mogadiscio ha intanto cominciato a rendere nota la conta dei morti. Il primo dato, fornito sabato scorso dal premier Hassan Ali Khaire, è di 110 persone decedute per la fame in sole 48 ore, nella regione di Bai, nella parte sud-occidentale del paese, la più colpita dalla gravissima crisi alimentare. Nella maggior parte dei casi, le vittime erano donne e bambini, uccisi dalla diarrea e altre malattie trasmesse attraverso l’acqua.

Le agenzie umanitarie ritengono che la terza carestia che potrebbe colpire la Somalia in venticinque anni sia ormai quasi inevitabile, ma soprattutto temono che possa assumere la stessa gravità di quella che nel 2011 produsse oltre 260mila morti, oltre la metà dei quali erano bambini. L’aggravarsi della siccità e il materializzarsi della carestia, lo scorso 28 febbraio, hanno indotto il neo presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed “Farmajo” a proclamare lo stato di disastro nazionale e a rivolgere un appello alla comunità internazionale per ricevere aiuti d’emergenza, indispensabili per scongiurare una tragedia umanitaria.

L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) valuta che per sviluppare un piano di risposta umanitaria adeguato a supportare la popolazione somala e scongiurare il rischio carestia, siano necessari 864 milioni di dollari. Mentre il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Wfp) ha recentemente richiesto lo stanziamento di ulteriori 374 milioni di dollari per rispondere all’emergenza siccità.

Secondo Oxfam, la carestia che sta per investire la Somalia rappresenta un triplo fallimento, quello della produzione alimentare, della possibilità delle persone di accedere al cibo e della risposta politica dei governi e dei grandi enti donatori internazionali. Non a caso, Mogadiscio è stata la prima meta della missione del nuovo Segretario Generale dell’Onu, António Guterres, il quale ha accusato la comunità internazionale di ignorare completamente questa crisi diventata ormai endemica.

In tutto questo, gran parte del paese, Mogadiscio compresa, subisce regolarmente attacchi da parte del gruppo estremista al Shabaab, affiliato ad al Qaeda. Le violenze in corso nel paese rendono tutto molto più difficoltoso, mentre le organizzazione umanitarie hanno accesso limitato alle città e alle zone rurali, che sono sotto il controllo dei jihadisti somali. Senza contare, che il paese del Corno d’Africa è stato devastato da decenni di guerra civile e centinaia di migliaia di persone vivono ancora all’interno di accampamenti per gli sfollati.

Peraltro, il protrarsi della siccità fa aumentare le fila degli sfollati e degli affamati in altri paesi della regione, come il Sud Sudan, dove lo scorso 20 febbraio la stato di carestia ha avuto il sugello delle Nazioni Unite, mentre il nord della Nigeria e Yemen stanno a precipitando velocemente verso una condizione di carestia conclamata. Una situazione che si presenta difficile anche in Sudan, Kenya, Etiopia, Uganda e Burundi.

Categorie: Aiuti umanitari, Crisi umanitarie | Lascia un commento

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